
Bocciato l'accordo tra Socialisti, Renew e Ppe per rendere meno ambiziosi gli obblighi e meno stringenti i controlli sulla catena di fornitura. Ora si va alla mini-plenaria di Bruxelles. Intanto in Italia il centrodestra cerca di esentare le grandi aziende dalle responsabilità per omesso controllo su subappaltatori e subfornitori
Il Parlamento Ue in plenaria boccia con voto segreto l’accordo di compromesso raggiunto tra Socialisti, Renew e Ppe per rendere meno ambiziosi gli obblighi aziendali di rendicontazione di sostenibilità e di due diligence. Quelli che obbligano le aziende a controllare l’intera catena di fornitura per prevenire violazioni dei diritti umani o danni ambientali. Ma la bocciatura spacca Strasburgo, perché il compromesso è ancora troppo ambizioso per alcuni, lo è troppo poco per altri: di fatto, con 318 voti contrari, 309 sì, 34 astenuti, Strasburgo dice ‘no’ al mandato negoziale sulla proposta della Commissione Ue che introduce flessibilità per le aziende e dice ‘no’ anche alle pressioni di Usa e Qatar che da mesi minacciano l’Unione europea su questo terreno.
L’ultimo tentativo poco prima del voto, con una lettera inviata dai ministri dell’Energia di Washington e Doha ai leader Ue – ha raccontato il Financial Times – nella quale la direttiva viene descritta come una “minaccia esistenziale” che metterà a repentaglio la sicurezza energetica europea. Ora, però, si torna al voto e il rischio è che con nuovi emendamenti, la direttiva si svuoti ancora di più. Stati Uniti e Qatar pensano alle esportazioni di gas naturale liquefatto in Ue e torneranno a fare pressione, ma non sono gli unici nemici della direttiva approvata a luglio 2024. In Italia, infatti, il governo Meloni gioca una partita parallela sulle responsabilità delle aziende, con un emendamento approvato in Senato alla legge sulle Pmi e proposto dai senatori di FdI Bartolomeo Amidei e Renato Ancorotti. Il testo disegna una “filiera della moda certificata”, in cui le grandi aziende capofila non saranno responsabili dell’omesso controllo su subappaltatori e subfornitori (Leggi l’approfondimento). Insomma, dal gas alla moda, il tema diventa cruciale (basti pensare ai recenti casi che hanno coinvolto marchi come Loro Piana, Valentino e Armani) e interessa importatori ed esportatori.
Il caso Usa-Qatar – A Strasburgo, in aula, è stato il caos con urla, grida di gioia e abbracci dalla parte destra e da quella sinistra dell’emiciclo, mentre molto meno entusiasmo è stato espresso al centro, da parte della cosiddetta maggioranza Ursula. Ma non è finita: dibattito e voto sul testo si svolgeranno alla prossima plenaria. La tensione sulla direttiva Csddd (Corporate Sustainability Due Diligence Directive) è altissima e in mattinata sul caso ‘Usa-Qatar’ ha dovuto dare spiegazioni il portavoce della Commissione europea, Markus Lammert. “Possiamo confermare che abbiamo ricevuto una lettera dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e dal sottosegretario per gli Affari dell’Energia del Qatar. Vorrei ricordare – ha aggiunto – che a febbraio di quest’anno la Commissione Europea ha presentato un primo pacchetto di proposte per semplificare le norme Ue, tra cui la direttiva sulla due diligence in materia di sostenibilità aziendale, che prevede un obbligo di adottare un piano di Transizione climatica. La proposta della Commissione è ora all’esame dei legislatori del Consiglio e del Parlamento”. Ma non si è trattato del primo tentativo. Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’Europa ha importato più gas naturale liquefatto da Doha. L’estate è scattato il ricatto: “Allentate le norme sul clima oppure blocchiamo le forniture di Gnl”. Una settimana fa, il ministro dell’Energia del Qatar ha ribadito la sua posizione.
Cosa resta della direttiva sulla due diligence – Approvata dopo anni di discussioni e scontri, la direttiva sulla due diligence (legata a quella sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale operativa anche in Italia) è stata una delle leggi più discusse del primo mandato di Ursula von der Leyen. Dopo le elezioni europee del 2024, però, il vento è cambiato e la Commissione europea ha presentato il pacchetto di revisione Omnibus, di cui fa parte la direttiva Omnibus I, che punta ad alleggerire gli obblighi di controllo sulla filiera e le responsabilità legali per le aziende. La Commissione Ue aveva proposto di ridurre dell’80% il numero di imprese tenute a presentare relazioni sociali e ambientali. Lo scorso 13 ottobre c’è stato il primo via libera del Parlamento Ue e gli eurodeputati sono andati oltre. “Con 17 voti favorevoli, 6 contrari e 2 astensioni, la commissione Affari legali del Parlamento europeo (Juri) ha approvato la sua posizione” ricostruisce Beatrice Moro, analista senior di Finanza per il clima del think tank Ecco. Gli eurodeputati “hanno proposto che la direttiva Csrd sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale (già operativa in Italia) sia applicata solo alle aziende con oltre mille dipendenti e fatturato annuo superiore a 450 milioni di euro” e che la direttiva Csddd sulla due diligence venga applicata a quelle con oltre 5mila dipendenti e 1,5 miliardi di fatturato annuo. Per le imprese escluse, la rendicontazione diventerebbe volontaria. Le grandi aziende non potrebbero, inoltre, trasferire i propri obblighi ai partner commerciali più piccoli, che non saranno tenuti a fornire informazioni oltre gli standard volontari. L’ok è arrivato dopo l’intesa politica tra Ppe, Socialisti e Liberali che tuttavia ha provocato forti tensioni, culminate nelle dimissioni della negoziatrice socialista, l’olandese Lara Wolters.
I rischi dell’approvazione, i rischi della ripartenza – In vista del voto, di fatto, è intervenuta la Cgil esprimendo “forte preoccupazione per il voto e per l’indebolimento sostanziale dei contenuti delle direttive europee sulla rendicontazione di sostenibilità e sul dovere di diligenza aziendale”. La bocciatura, però, non risolve la questione. “Rifiutata la posizione della commissione Juri – spiega Beatrice Moro – si riapre la posizione del Parlamento e ad oggi è difficile dire se sia un bene o un male. Dipenderà dalla forza delle due opposizioni politiche. “Per quanto riguarda la bocciatura del compromesso sull’Omnibus, per noi è una conferma assoluta che, in questo Parlamento, se non si trovano compromessi, vince l’estrema destra, che ora aggredirà con violenza il Green Deal” commenta, a riguardo, il capodelegazione del Partito Democratico, Nicola Zingaretti.
L’Europarlamento spaccato – La presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola chiarisce la situazione: “Il voto ha dimostrato che per un’ampia parte del Parlamento questo compromesso non è abbastanza, mentre per altri è troppo. Voteremo nella mini plenaria di novembre a Bruxelles tra poco più di due settimane, quindi non c’è tempo da perdere”. E così, se per l’europarlamentare del M5S, Mario Furore, “il voto sulla due diligence rappresenta una grande vittoria politica contro l’arroganza di Stati Uniti e Qatar che chiedevano una marcia indietro sulle nuove norme in materia di sostenibilità e diritti umani”, per Carlo Fidanza ,capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo e Mario Mantovani vicepresidente della Commissione giuridica, le modifiche proposte erano “migliorative”. “Ciò nonostante – dicono – in Plenaria abbiamo votato contro il mandato negoziale poiché, a seguito di un accordo al ribasso con le sinistre, è stato mantenuto all’interno della due diligence l’articolo 22 sui piani di transizione”. Evidentemente troppo ambizioso per le destre. Il gruppo dei Patrioti per l’Europa rivendica invece la “vittoria per una vera semplificazione” ottenuta con bocciatura del mandato negoziale sulla proposta della Commissione Ue relativa ai testi sugli obblighi di rendicontazione della sostenibilità e sulla due diligence per le aziende europee. “Ci auguriamo che, con la riapertura del testo, si possa tornare al precedente accordo di centrodestra – aggiungono – eliminando gli ultimi strascichi di un’ideologia green che ha dimostrato tutta la propria inadeguatezza”. Deluso il popolare svedese Jorgen Warborn: “Dobbiamo continuare a lavorare sulla semplificazione, andare avanti per dare alle imprese quel quadro di certezze che meritano. Il voto era segreto, ma sappiamo che ci sono stati 31 socialisti contro la proposta. Ora sono loro che devono chiarire come procedere”.