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Meno cibo e sempre più caro: così la crisi climatica minaccia la sicurezza alimentare europea

L'agricoltura Ue perde 28 miliardi annui. Per la Giornata dell'alimentazione serve invertire la rotta; ma le ultime azioni delle istituzioni europee e italiane non fanno ben sperare
Meno cibo e sempre più caro: così la crisi climatica minaccia la sicurezza alimentare europea
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di Eva Alessi – Responsabile Sostenibilità WWF Italia

Crisi climatica fa sempre più rima con crisi alimentare. Il 16 ottobre è la Giornata mondiale dell’Alimentazione. Una data importante per ricordarci come la crisi climatica stia purtroppo mettendo sempre più a rischio uno dei diritti umani fondamentali: quello al cibo.

Il 2025 ha confermato il trend di riscaldamento globale ed europeo, con effetti evidenti in tutte le stagioni. Secondo Copernicus, l’inverno e la primavera hanno registrato temperature sopra la media: gennaio è stato il più caldo di sempre, mentre marzo ha registrato in Europa +2,41°C rispetto alla media 1991-2020. L’estate ha consolidato la tendenza al caldo estremo; in particolare agosto è stato il terzo più caldo a livello globale. Le temperature record e la siccità prolungata hanno alimentato un’emergenza incendi con più di un milione di ettari in tutta l’Ue. Contemporaneamente, alluvioni hanno colpito l’Europa centrale e l’Italia del nord.

Sempre meno cibo, sempre più caro

Il cambiamento climatico sta compromettendo la produttività dei campi. In generale, quattro fenomeni – siccità, gelate, grandinate e piogge estreme – causano oggi circa l’80% delle perdite agricole nell’Unione europea. Negli ultimi anni, il continente ha vissuto stagioni sempre più difficili: tra il 2022 e il 2023 si sono registrate due delle peggiori annate agricole degli ultimi decenni, segnate da ondate di calore e siccità record. In Italia, le conseguenze sono state pesanti: la produzione di mais è crollata del 25% e quella di foraggio del 40%, con effetti diretti sull’alimentazione umana e sulla zootecnia.

Sempre meno cibo, e sempre più caro: un segnale concreto di quanto la crisi climatica stia già minacciando la nostra sicurezza alimentare.
Oltre al caldo, sono diversi gli elementi che mettono in crisi il settore agricolo. Gelate primaverili, come quelle che nel 2025 hanno devastato i frutteti italiani, si sommano a grandinate sempre più frequenti e distruttive, e a piogge torrenziali capaci, in poche ore, di cancellare interi raccolti e aumentare il rischio di alluvioni e frane.

Secondo un rapporto congiunto della Banca europea per gli Investimenti e della Commissione europea, l’agricoltura dell’Unione perde in media oltre 28 miliardi di euro l’anno – circa il 6% della produzione agricola complessiva – di cui più di 17 miliardi riguardano le coltivazioni.

A pagare le conseguenze di questi danni sono anche i consumatori. Un rapporto pubblicato lo scorso luglio sulla rivista Environmental Research Letters ha confermato una tendenza diffusa, globale, all’aumento dei prezzi alimentari connessa con il cambiamento climatico in atto, la climate inflation. Ad esempio, la siccità tra il 2022 e il 2023 ha fatto crescere del 50% i prezzi dell’olio d’oliva in Spagna e in Italia; l’ondata di caldo del 2024 in Costa d’Avorio e Ghana — Paesi che producono circa il 60% del cacao mondiale — ha spinto il prezzo del cacao oltre il 300%; la siccità che ha colpito il Brasile nel 2023 ha provocato un aumento del 55% del costo dei chicchi di caffè Arabica.

In Italia, gli effetti della crisi climatica si sono fatti sentire anche sul prezzo della frutta estiva. I dati di Ismea evidenziano come, nella prima settimana di luglio 2025, i prezzi delle albicocche siano aumentati del 40% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre le ciliegie abbiano visto un rincaro del 100%, toccando in alcuni casi oltre 20 euro al chilo. Anche pesche e nettarine hanno registrato aumenti tra il 7% e il 15%. Questi aumenti sono stati causati da una combinazione di fattori, tra cui condizioni climatiche sfavorevoli e una produzione ridotta.

Questa situazione ha avuto ripercussioni anche sui consumi interni di frutta e verdura. Un paradosso, considerando che una dieta ricca di vegetali dovrebbe essere accessibile e sostenibile, come confermato anche dal recente rapporto EAT-Lancet 2025, che promuove un’alimentazione sana per le persone e sostenibile per il pianeta.

Invertire la rotta non è più rimandabile insomma. Purtroppo, le ultime azioni delle istituzioni europee e italiane non fanno ben sperare. Per dare a tutti i cittadini la possibilità di fare arrivare alle istituzioni la richiesta di intervenire contro il cambiamento climatico, Wwf Italia ha lanciato la petizione “Zero Scuse Sul Clima” a cui si può aderire firmando a questo link.

Photo credits © Kari Schnellmann

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