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Ultimo aggiornamento: 10:21 del 10 Ottobre

Accordo Israele-Hamas, Caracciolo a La7: “Non ci sarebbe stato senza la reazione mondiale contro il genocidio a Gaza”

Caracciolo smonta la narrazione di Meloni e avverte: "Il vero vincitore è Erdogan. Israele ora ha ai confini una grande potenza non amica"
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Nel corso della puntata di Otto e mezzo, su La7, il direttore di Limes Lucio Caracciolo analizza il significato politico e geopolitico dell’accordo raggiunto nella notte tra Israele e Hamas sulla prima fase del piano di pace proposto dagli Stati Uniti.
In primo luogo, il giornalista ridimensiona ironicamente il ruolo che il governo Meloni si è accreditato in questo piano: “Ieri Trump ha telefonato a Bibi e gli ha detto: ‘Israele non può combattere contro il mondo’. E Bibi ha risposto: ‘Sì, lo capisco’. Già questo scambio di battute tra il presidente degli Stati Uniti e il premier israeliano registra una realtà, cioè il fatto che l’opinione pubblica mondiale, o quasi, ha reagito in maniera inusuale a quello che è effettivamente qualcosa di molto inusuale, cioè il tentativo di genocidio di uno Stato contro un popolo. Questo è un dato di fatto“.
Secondo il direttore di Limes, “senza questa pressione internazionale le cose non sarebbero andate così”, anche se “ci saranno state misteriose manovre diplomatiche anche del nostro governo”.

Caracciolo poi sposta l’attenzione sugli equilibri geopolitici più ampi: “Il grande vincitore di questa partita è Erdogan, perché ha ottenuto un mandato quasi totale dagli americani. Oggi i turchi sono praticamente a Damasco, sia pure in modo indiretto, e saranno presto a Gaza”. Una prospettiva che “significa che Israele si troverà ai confini una grande potenza non chiaramente amica, anzi”.

Sul ruolo dell’Italia, Caracciolo invita alla cautela. “Ho sentito che il nostro ministro degli Esteri parla di peacekeepers, come se ci fosse una pace da mantenere. Speriamo che arrivi la pace, ma francamente non mi azzarderei a ipotesi di questo tipo per ora”.
Quanto alla ricostruzione, “ci sono progetti megagalattici di infrastrutture e di riviere di Gaza, ma sono utopie lontane e, se vogliamo, anche un po’ ciniche”.
L’analista conclude con un monito: “Per il momento è il caso di salvare la vita ai gazawi che sono rimasti in vita, far arrivare gli aiuti umanitari e stabilizzare una situazione che non sarà facile. Lì ci sono bande criminali, alcune anche pagate da Israele per combattere Hamas, che si spartiscono il terreno, e non è detto che vengano eliminate”.

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