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Fu trasferito con l’accusa di favori al Pd: ora il procuratore del caso Bibbiano chiede allo Stato mezzo milione di danni

Marco Mescolini, ex capo dei pm di Reggio Emilia, era stato spostato a Firenze dal Csm per incompatibilità ambientale: la delibera è stata annullata e lui vuole un maxi-risarcimento
Fu trasferito con l’accusa di favori al Pd: ora il procuratore del caso Bibbiano chiede allo Stato mezzo milione di danni
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Era stato allontanato da Reggio Emilia, dove faceva il procuratore capo, con l’accusa di aver tenuto “rapporti privilegiati” con il Partito democratico nella direzione delle indagini, compresa quella sui presunti abusi sui minori a Bibbiano. Tre anni dopo però il Consiglio di Stato lo ha riabilitato, annullando il trasferimento d’ufficio a Firenze disposto dal Consiglio superiore della magistratura. E ora Marco Mescolini, attuale procuratore di Pesaro, è passato al contrattacco: con un'”azione di condanna” intentata davanti al Tar, ha chiesto allo stesso Csm e al ministero della Giustizia un maxi-risarcimento da (almeno) 543.825,47 euro per l’atto illegittimo adottato nei suoi confronti, di cui mezzo milione per il “danno all’immagine e alla reputazione professionale” e i restanti 43.825,47 euro per “i danni patrimoniali conseguenti al trasferimento”. Ma non è tutto: il magistrato aspira a un ulteriore risarcimento, da quantificare con apposita perizia, per il “danno da perdita di chance“, cioè lo stop temporaneo alla carriera dirigenziale che gli ha impedito di maturare il curriculum per correre per la guida di grandi procure (come “Bologna, Roma o Milano”) o per la Direzione nazionale antimafia, “a cui avrebbe potuto legittimamente aspirare”. Il dossier è stato affrontato nell’ultima seduta dal Csm, che ha deciso all’unanimità, sulla base di un parere dell’Ufficio studi, di costituirsi in giudizio per opporsi al ricorso, ritenuto “manifestamente infondato” per l’insussistenza di un danno risarcibile in base alle norme sulla responsabilità civile delle pubbliche amministrazioni.

Il caso Mescolini nasce nel 2020 con la pubblicazione delle chat sequestrate sul cellulare di Luca Palamara: dai messaggi emergeva che il procuratore si era rivolto con insistenza all’ex capo-corrente per ottenere la nomina a Reggio, pur avendo negato, fino a quel momento, ai colleghi di averlo fatto. Quattro pm della Procura (Rita Pantani, Isabella Chiesi, Valentina Salvi e Giulia Stignani) avevano allora inviato un esposto al Consiglio superiore, sostenendo di non poter più lavorare con serenità e accusando il loro capo anche di condotte opache in favore del Pd. In particolare, raccontavano, a gennaio 2020 si sarebbero dovuti notificare gli avvisi di conclusione indagini per la vicenda di Bibbiano, in cui era coinvolto il sindaco dem Andrea Carletti, ma Mescolini “non voleva perché c’erano le elezioni regionali“. In un’inchiesta sui bandi comunali nel capoluogo, secondo quanto riferito, il procuratore aveva invece fatto ritardare a dopo le elezioni comunali alcune perquisizioni, “per favorire la ricandidatura del sindaco uscente del Pd”. Dopo un’approfondita istruttoria, su proposta dell’allora consigliere Nino Di Matteo, a febbraio 2021 il Csm aveva disposto il trasferimento d’ufficio del magistrato a Firenze per incompatibilità ambientale, con il ruolo di “semplice” sostituto procuratore: dagli atti, spiegava Di Matteo, era emersa “la figura di un magistrato che ha a cuore le sorti degli esponenti politici locali del Pd”. Il provvedimento era stato confermato dal Tar, ma a maggio 2024 il Consiglio di Stato lo ha annullato per “incompletezza del quadro istruttorio“, sottolineando tra l’altro che “solo quattro magistrati della Procura (su nove in servizio) avevano espresso critiche” all’operato del dirigente.

Così l’ex procuratore di Reggio, nel frattempo “risarcito” con la nomina a capo dei pm di Pesaro, ha scelto di agire per ottenere un risarcimento record dallo Stato. Il Consiglio superiore, scrive il suo legale nel ricorso, si è reso responsabile di “grave negligenza in una vicenda estremamente delicata, che, oltre al trasferimento fuori regione, ha comportato anche un demansionamento delle funzioni svolte” da Mescolini. Senza l’allontanamento da Reggio, sottolinea, il magistrato “sarebbe potuto rimanere ad abitare presso la sua casa di proprietà a Bologna, dove risiede la sua famiglia, senza essere costretto a trasferirsi da solo a Firenze con tutte le conseguenti spese di vitto, alloggio e trasporti che ne sono derivate”: spese quantificate al centesimo in un totale di 43.825,47 euro, considerando “la locazione di un appartamento, le spese sostenute per le utenze, i viaggi da Bologna a Firenze, nonché i costi sostenuti per il trasporto urbano casa-lavoro e per le cene da lunedì a giovedi con media di 15 euro a pasto“. Ma il danno più ingente lamentato da Mescolini è quello alla reputazione, per cui chiede “una somma non inferiore” a 500mila euro, calcolata moltiplicando “un importo simbolico di 2mila euro” per ogni “articolo e libro che ha riportato la notizia dal 2021 al 2024 traendo spunto dalle illegittime delibere del Csm”. Molti di questi articoli però, fa notare la delibera del Csm, riguardano la “pubblicazione delle chat con il dottor Palamara, vicenda diversa” da quella del trasferimento “e riconducibile ai comportamenti personali tenuti dal ricorrente”.

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