“Mi sono procurata un danno per la vita, il ginocchio non tornerà come prima. Olimpiadi? Non ho una risposta”: parla Federica Brignone
“Non camminavo bene, non salivo le scale, il ginocchio era gonfio. Mi sono detta: ancora così dopo quattro mesi? Lì ho avuto un momento di down”. Federica Brignone torna a parlare a distanza di più di sei mesi da quella terribile diagnosi dopo l’infortunio di aprile: frattura scomposta del piatto tibiale e del perone. “Mi sono procurata un danno per la vita, so che la piena flessione del ginocchio non la recupererò mai”, dice la sciatrice al Corriere della Sera, facendo il punto sulle possibilità di un suo recupero pe le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, che cominceranno il 6 febbraio. Tutti la vogliono presente, essendo la punta di diamante della nazionale italiana: “2026? Alt, immagino la domanda. Continuo a non avere una risposta, mi sto facendo un c**o così per partecipare“.
La campionessa italiana si è fatta male durante il gigante femminile dei Campionati Italiani di sci alpino 2025, sulle nevi della Val di Fassa, il 3 aprile 2025. Pochi giorni prima aveva conquistato la Coppa del Mondo generale di sci. Poi, il tremendo infortunio: Brignone ha inforcato col braccio destro una porta e nella caduta ha ruotato il ginocchio, prendendo una forte botta alla tibia. Fatti gli esami, la diagnosi è stata delle peggiori: frattura scomposta pluriframmentaria del piatto tibiale e della testa del perone della gamba sinistra.
Oggi lavora diverse ore al giorno per recuperare, in tempo per i Giochi invernali, ma avverte di essere anche pronta all’eventualità di non farcela: “Con quello che è successo, sì. In quel caso potrei considerare il ritiro? Per come sono fatta io non so se lascerei. Probabilmente direi: ‘Ok, quest’anno non ce la faccio, ma ci riprovo‘”. I primi mesi – dopo il primo intervento – sono stati i più difficili: “Ho vissuto al JMedical della Juventus con il solo scopo di stare meglio. Ho preso un appartamento a Torino: solo da agosto, dopo la seconda operazione, ho fatto avanti e indietro da La Salle. Avevo bisogno di tornare, di rivedere le montagne della Val d’Aosta“.
Una lotta quotidiana, una sfida con sé stessi, tanta voglia di recuperare e ricominciare, spinta dall’amore per lo sci. “Puntavo a guarire e basta. Tornavo a casa e facevo gli esercizi che mi mancavano, mi ‘attaccavo’ al ghiaccio. La fretta in questi casi non esiste, ma cercavo di mettermela”. E ancora oggi la situazione non è delle migliori: “Ho ancora dolore. Però per me anche vincere una Coppa del Mondo è guerra. Amo le sfide, questa non potevo rifiutarla”.