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Global Sumud Flotilla, Israele chiede di lasciare a loro gli aiuti umanitari. La replica: “Fa parte del blocco illegale a Gaza”

Il ministero israeliano della difesa aveva richiesto alla Sumud Flotilla di "attraccare al porto di Ashkelon e scaricare lì gli aiuti". "Si inserisce in un modello di lunga data: la deliberata ostruzione da parte di Israele degli aiuti destinati a Gaza" la risposta del Global Movement to Gaza
Global Sumud Flotilla, Israele chiede di lasciare a loro gli aiuti umanitari. La replica: “Fa parte del blocco illegale a Gaza”
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“La richiesta di Israele di ‘attraccare e trasferire’ gli aiuti fa parte del suo blocco in corso a Gaza”. Lo sostengono gli attivisti del Global Movement to Gaza, nucleo portante della spedizione della Sumud Flotilla, criticando fortemente le richieste del governo Netanyahu. Mentre le barche della Flotilla sono a un terzo della loro navigazione verso Gaza, il ministero degli Esteri israeliano ha lanciato un duro avvertimento in una nota del 22 settembre: “Questa flottiglia, organizzata da Hamas, è destinata a servire Hamas. Israele non permetterà alle imbarcazioni di entrare in una zona di combattimento attiva e non consentirà la violazione di un blocco navale legittimo”. “Se il reale intento dei partecipanti alla flottiglia è quello di fornire aiuti umanitari e non servire Hamas – si legge nella nota – Israele invita le imbarcazioni a attraccare al Marina di Ashkelon e a scaricare lì gli aiuti, da dove saranno trasferiti prontamente in maniera coordinata nella Striscia di Gaza”. “Israele esorta i partecipanti a non violare la legge e ad accettare la proposta israeliana per un trasferimento pacifico di eventuali aiuti in loro possesso”, conclude il comunicato del ministero guidato da Gideon Sàar.

La richiesta di trasferire gli aiuti, secondo il Global Movement to Gaza, “non può essere interpretata come una neutra esigenza logistica”, ma “si inserisce in un modello di lunga data: la deliberata ostruzione da parte di Israele degli aiuti destinati a Gaza e i suoi tentativi di delegittimare chi contesta il suo blocco illegale”. “Da maggio 2025, dopo la revoca del ‘blocco totale’, Israele ha consentito l’ingresso a Gaza di una media di 70 camion al giorno. Le agenzie delle Nazioni Unite stimano che ne siano necessari tra 500 e 600 quotidianamente per soddisfare i bisogni di base – prosegue comunicato dell’iniziativa pro-Gaza – Il passato di Israele – intercettazione di imbarcazioni, blocco dei convogli e restrizioni alle rotte – dimostra che l’obiettivo non è facilitare i soccorsi, bensì controllarli, ritardarli e negarli. Amnesty International e Human Rights Watch hanno entrambe condannato tali pratiche come violazioni del diritto internazionale e pericolose ostruzioni all’assistenza umanitaria imparziale”.

La rete di attivisti sottolinea inoltre che “la retorica di Israele contro la Global Sumud Flotilla prepara il terreno a ulteriori escalation. Dipingere una missione umanitaria pacifica come una ‘violazione della legge’ è un pretesto per la violenza contro civili che agiscono legittimamente per consegnare aiuti. Amnesty ha già avvertito che tali minacce ‘calpestano il diritto internazionale’ e mettono vite a rischio”. “Siamo chiari – insiste il Global Movement to Gaza – la comunità internazionale non deve trattare queste richieste come semplici istruzioni operative “benigne”. Sono la continuazione di un blocco che investigatori indipendenti dell’ONU hanno definito una forma di punizione collettiva e parte del genocidio in corso a Gaza”.

Il comunicato degli attivisti pro-Gaza si conclude con tre richieste a governi, Onu e organizzazioni umanitarie. La prima è di “garantire passaggio sicuro e protezione per operatori umanitari, strutture mediche e civili”. Poi si chiede di “sostenere il diritto internazionale umanitario respingendo l’assedio illegale imposto da Israele e supportando gli sforzi che consegnano direttamente gli aiuti alla popolazione di Gaza”. E infine di “agire con decisione per porre fine al genocidio in corso”. “Qualsiasi cosa di meno rischia di consolidare un sistema di fame forzata, privazioni e punizione collettiva che sta costando la vita a migliaia di palestinesi”, sostiene il movimento.

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