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Sentenza su marito violento che “va compreso” impugnata dalla procura di Torino

La sentenza "l'abbiamo impugnata e ci sarà poi un giudice che deciderà", ha spiegato Cesare Parodi, presidente Anm e procuratore aggiunto di Torino, intervistato da Tagadà su La7
Sentenza su marito violento che “va compreso” impugnata dalla procura di Torino
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Il giorno dopo la polemica sul linguaggio utilizzato nelle motivazioni di un verdetto in un caso di violenza domestica arrivano due diversi reazioni. Quelli dei pm che hanno deciso di impugnare e quello del sindacato degli avvocati che protesta per una presunta strumentalizzazione.

La procura di Torino ha impugnato la sentenza di primo grado del Tribunale che aveva assolto lo scorso giugno un uomo dall’accusa di maltrattamenti all’ex compagna, condannandolo invece a un anno e mezzo per lesioni. La donna era stata massacrata di botte, ma nelle motivazioni i giudici scrivevano che l’uomo andava “compreso”. La sentenza “l’abbiamo impugnata e ci sarà poi un giudice che deciderà”, ha spiegato Cesare Parodi, presidente Anm e procuratore aggiunto di Torino, intervistato da Tagadà su La7.

“La Procura di Torino, il gruppo che opera su questi reati – ha sottolineato Parodi – è coordinato da me. Questa è una vicenda seguita dal mio gruppo. La collega che ha chiesto la condanna per il reato di maltrattamenti ha chiesto una pena severa. Che cosa è accaduto? Abbiamo contestato il reato di maltrattamenti e lesioni. Sulle lesioni viene riconosciuta la responsabilità, l’imputato viene invece assolto dal reato di maltrattamenti. Purtroppo, spesso ci sono delle assoluzioni perché il reato di maltrattamenti ha una fattispecie estremamente indefinita. Quello che purtroppo ci ha molto colpito, e lo posso dire perché è un oggetto delle impugnazioni – ha proseguito il procuratore – è il linguaggio che è stato utilizzato. Noi chiederemo alla Corte d’appello, se al caso la Cassazione, se la Procura generale lo riterrà, se questo genere di argomentazione, che a me pare non in linea a quei principi espressi anche dalla Corte europea, proprio sui criteri di valutazione, sia o meno condivisibile”.

Il verdetto è stato al centro di un dibattito proprio per l’espressione usata, ma gli avvocati protestano. “Manifestiamo tutta la nostra preoccupazione di fronte alla campagna, mediatica e politica, montata in ordine alla sentenza del tribunale di Torino, campagna che, fondandosi su conoscenze imprecise ovvero volutamente distorte, attenta all’indipendenza del giudice – si legge in un documento della Camera penale del Piemonte occidentale – in merito al caso dell’uomo condannato a un anno e sei mesi per lesioni sull’ex compagna e assolto dall’accusa di maltrattamenti perché, come si riporta nelle motivazioni, le presunte frasi minacciose sono da “calare nel contesto”.

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