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Spagna, dai rifugi climatici all’agricoltura generativa: Sánchez propone un “Patto di Stato” per affrontare l’emergenza climatica

L'iniziativa in dieci punti arriva all'indomani dei 130 roghi che hanno consumato 330mila ettari di suolo, sei volte l'isola di Ibiza. Tra le proposte: un'Agenzia statale di protezione civile, il ripristino dei "paesaggi perduti" e interventi a tutela dei lavoratori più esposti al clima che cambia. L'opposizione parla di "cortina fumogena"
Spagna, dai rifugi climatici all’agricoltura generativa: Sánchez propone un “Patto di Stato” per affrontare l’emergenza climatica
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Mentre la Spagna prova a “estinguere i roghi ancora attivi” lasciati dalla “peggiore ondata di incendi” della sua storia recente, il premier socialista Pedro Sánchez chiama all’unità nazionale e presenta un “Patto di Stato” per fronteggiare l’emergenza climatica in corso affinché la tragedia, che ha registrato 130 incendi ad agosto e devastato 330mila ettari, sei volte l’isola di Ibiza, “non si ripeta mai più”. Il Patto – termine usato per l’ultima volta nel 2015, sempre su proposta dell’allora oppositore Sánchez, ma in materia di anti-terrorismo – è stato presentato lunedì a Madrid nella sede del ministero della Transizione ecologica e Sfida demografica, e prevede dieci punti, tra cui l’istituzione di un’Agenzia statale di protezione civile che “rafforzi il buon funzionamento del sistema”, la creazione di “fondi con risorse permanenti a livello statale e nelle autonomie” per agevolare la ricostruzioni di “municipi e paesaggi perduti” e “la costruzione di rifugi climatici nelle grandi città”, stabilendo anche “nuovi standard per tutelare i lavoratori dallo stress termico“.

La rivoluzione proposta da Sánchez non si ferma qui: il leader socialista parla di “promuovere l’agricoltura generativa” e “riconoscere il ruolo essenziale del mondo rurale mediante detrazioni fiscali”, incentivi per i “posti di lavoro verdi” e maggior coordinamento con le amministrazioni locali. Madrid cerca l’alleanza delle campagne, dove i socialisti non hanno molta presa. “Alcuni vedono la transizione ecologica come una realtà contraria agli interessi dei professionisti del campo: semmai è il contrario”, ha detto il ministro dell’Agricoltura Luis Planas, in difesa del Patto, aggiungendo che “l’instabilità nella produzione agroalimentare è un rischio per la sicurezza alimentare, dalla quale dipendono la stabilità dei mercati e le entrate degli agricoltori”.

Il decalogo, che prevede anche la promozione di “una cultura della prevenzione” e maggiore pressing sull’Unione europea in materia di transizione ecologica sarà sottoposto al Consiglio dei ministri: la sua approvazione è scontata, ma il “Patto” dovrà fare i conti con i vincoli di una legislatura che scade nel 2027 e che da un paio di anni non riesce a trovare un accordo sul bilancio generale. E anche se la maggioranza socialista parla di un patto capace di “oltrepassare le singole legislature” per colmare “le lacune lasciate dalle autonomie in materia di prevenzione”, le opposizioni a destra rimangono intrappolate nella corsa al negazionismo con Vox che, sotto la guida di Santiago Abascal, reputa “inesistente” l’emergenza climatica mentre il Partido popular, convocato ieri ad Aranjuez da Alberto Nuñez Feijóo, svaluta la proposta, definendola una “cortina fumogena” e attribuisce ai piromani la responsabilità dei roghi, proponendo addirittura un registro ad hoc contro i presunti responsabili degli incendi. “Questo governo rischia di portare il Paese verso una paralisi legislativa”, ha sostenuto Nuñez Feijóo.

A sua volta l’atteggiamento del leader del Ppe è stato definito “indecente” dal ministro della Cultura, il portavoce della coalizione di sinistra Sumar, Ernest Urtasun, che lo vede “più preoccupato di grattare quattro voti a vox” strumentalizzando i roghi in “un esercizio di cinismo che non si vedeva da molto tempo” nel Paese iberico. Per Urtasun non c’è tempo da perdere: il ministro dà il benvenuto agli accordi climatici, ma esige “coerenza e velocità nell’attuazione delle misure”, chiedendo anche lo stop agli ampliamenti infrastrutturali di porti e aeroporti. “Occorre accelerare la corsa alle rinnovabili”, aggiunge Urtasun mentre ricorda la deadline del 2050 per gli obiettivi di decarbonizzazione Ue.

Intorno a quell’anno, il 2050, le previsioni dicono che la Spagna subirebbe il passaggio da un clima mediterraneo a un clima di steppa, con l’alternarsi di estati secche e calde a inverni molto freddi. Tuttavia la ministra per la Transizione ecologica Sara Agasen sostiene che il Paese può “ancora farcela”, ma occorre “passare dalla discussione teorica alla realtà tangibile” e invoca nuove politiche pubbliche “guidate da criteri di giustizia sociale e climatica, con solidarietà internazionale”. Il governo Sánchez prova quindi a fare tesoro da quella che è stata “la più grande mobilitazione umana e tecnica mai registrata in Spagna”, con oltre 30mila unità in campo, che “hanno rischiato la pelle” per “soffocare le fiamme” e proteggere “i propri concittadini”. Al di là dei bulos, le notizie false, messe in circolazione negli ultimi anni, la sensibilità dell’opinione pubblica spagnola resta elevata: secondo un sondaggio Ipsos pubblicato ad aprile, il 75% degli iberici riconosce l’impatto diretto del cambiamento climatico sulle proprie vite e il 50% ritiene sia un tema più importante di guerre e pandemia. Tuttavia soltanto il 45% è disposto ad adottare azioni radicali per invertire la rotta, con un calo del 15% rispetto al 2021. La loro non è indifferenza, ma la chiamano “fatica climatica”: il volto triste dell’ecoansia.

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