Rinnovabili, esclusi pannelli solari e componenti cinesi dai nuovi incentivi. Il rischio? Un aumento dei costi
Esclusi pannelli solari e componenti di origine cinese dai nuovi incentivi sulle rinnovabili. L’Italia è il primo Paese europeo a riservare, nelle aste per gli incentivi al fotovoltaico, una quota di potenza riservata agli impianti che non utilizzano componenti chiave made in Cina. Il Governo Meloni l’ha fatto attraverso la seconda parte del decreto FerX Transitorio, firmato il 4 agosto 2025 dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 agosto. Il provvedimento, che modifica il decreto del 20 dicembre 2024, era atteso da tempo ed è necessario per riavviare già a settembre, dopo la pubblicazione delle regole operative alle quali lavorano Mase e Gse, le aste per gli incentivi soprattutto agli impianti di grandi dimensioni. L’obiettivo è quello di favorire l’istallazione di pannelli con l’utilizzo di componenti prodotti nell’Unione europea per ridurre la dipendenza da Pechino, sempre che da qui ai prossimi anni l’Europa sia in grado di colmare questo vuoto. Avviene, tra l’altro, mentre il governo cinese sta introducendo a sua volta modifiche chiave che cambieranno il mercato.
Come funziona il meccanismo “di resilienza” – All’articolo 5 del precedente decreto, si aggiunge l’articolo 5 bis (Contributo alla resilienza delle procedure competitive). Fermo restando il contingente di potenza complessivamente reso disponibile per la tecnologia fotovoltaica, nel testo il Mase prevede che una quota di potenza “calcolata in misura non superiore al 20% del contingente massimo approvvigionabile per gli impianti solari fotovoltaici” venga assegnata con una procedura dedicata. Si tratta di 1,6 gigawatt degli 8 della prima asta fotovoltaica. Per accedere sarà necessario rispettare alcuni criteri di preselezione: per gli impianti solari fotovoltaici di potenza superiore a un megawatt, in aggiunta a quanto previsto già dall’articolo 5, occorre garantire che il modulo fotovoltaico non sia assemblato in Cina, che le celle fotovoltaiche, gli inverter e almeno un altro componente principale dell’impianto (tra quelli della lista Ue) non siano stati fabbricati in Cina. La procedura d’asta avrà una finestra di trenta giorni per la presentazione delle domande e le graduatorie dovranno essere pubblicate entro i successivi quarantacinque giorni e, in ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2025. Il decreto prevede anche una fase transitoria: le istanze di partecipazione presentate per la procedura competitiva in corso, in base quindi al decreto del 30 dicembre 2024, possono essere annullate entro e non oltre il periodo di apertura e senza l’applicazione di penalità, purché siano ripresentate per partecipare alla nuova procedura introdotta.
La Cina al bivio e la risposta dell’Europa – Negli ultimi dieci anni, la capacità produttiva globale di energia solare fotovoltaica si è spostata progressivamente da Europa, Giappone e Stati Uniti alla Cina. Come sottolineato dall’Agenzia internazionale dell’Energia, dal 2011 la Cina ha investito oltre 50 miliardi di dollari in nuova capacità di fornitura di energia solare fotovoltaica (dieci volte di più rispetto all’Europa. Oggi, la quota della Cina in tutte le fasi di produzione dei pannelli solari (come polisilicio, lingotti, wafer, celle e moduli) supera l’80%. Si tratta di più del doppio della quota cinese della domanda globale di energia solare fotovoltaica. Inoltre, il Paese ospita i dieci principali fornitori mondiali di apparecchiature per la produzione di energia solare fotovoltaica. Nel corso del 2023, per la tecnologia fotovoltaica, la quota dell’approvvigionamento dell’Unione da paesi terzi, e in particolare dalla Cina, è risultata di molto superiore al 50%. Ma ora Pechino sta vivendo una fase di transizione. Non solo lo stop ai sussidi diretti per gli impianti solari, sostituiti da aste e gare a ribasso, ma anche la riduzione del rimborso Iva sulle esportazioni di prodotti fotovoltaici e il freno alla sovrapproduzione, tagliando i player meno efficienti. In Europa questo ha portato a un incremento dei costi e l’Unione, d’altronde, ha già programmato il suo ‘distacco’ nel Net-Zero Industry Act europeo. Il governo ha scelto di giocare d’anticipo. Con quali conseguenze? Arera, per esempio, pur avendo espresso parere positivo, ha già messo in guardia sul possibile incremento dei costi. Gli altri Paesi osserveranno con attenzione quello che avviene in Italia ma, ad oggi, non è garantita la produzione per tutti i componenti. Il problema non si pone tanto per gli inverter, per i quali in Unione europea ci sono diversi produttori, quanto per i pannelli solari che, ad oggi, non potrebbero assorbire tutta la domanda.