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Meloni confessa l’insofferenza verso la stampa italiana. Peccato che sia l’essenza della democrazia

Il problema non è che Meloni “non ami” i giornalisti: è che li percepisce come un ostacolo alla propria leadership carismatica
Meloni confessa l’insofferenza verso la stampa italiana. Peccato che sia l’essenza della democrazia
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di Paolo Gallo

Lo ha ammesso lei stessa, in un fuorionda alla Casa Bianca durante l’incontro con Donald Trump, poi diventato virale: Giorgia Meloni ha confessato di avere difficoltà a confrontarsi con la stampa italiana. Una frase che, sebbene pronunciata in un contesto informale, rivela molto più di quanto la premier avrebbe probabilmente voluto: non un semplice imbarazzo personale, ma il sintomo di un rapporto problematico con il controllo democratico, con il dissenso e con l’obbligo della rendicontazione pubblica.

Non è un mistero che Meloni preferisca i monologhi ai dialoghi. Il suo modo di comunicare passa per canali diretti, video registrati, dichiarazioni “a distanza” e un uso spregiudicato dei social, strumenti che le consentono di evitare il contraddittorio, di sottrarsi alle domande scomode e di esercitare un controllo totale sulla narrazione di sé stessa e del suo governo. In questo contesto, ammettere l’imbarazzo davanti alla stampa non è una debolezza personale: è la conferma di una strategia politica che punta a depotenziare il giornalismo come cane da guardia del potere.

Il problema non è che Meloni “non ami” i giornalisti: è che li percepisce come un ostacolo alla propria leadership carismatica. Chi governa in democrazia deve accettare che la stampa possa essere fastidiosa, pungente, perfino ostile. È l’essenza del patto democratico: chi esercita il potere deve rispondere pubblicamente delle proprie scelte. Non farlo significa trasformare il ruolo istituzionale in una sorta di regno personale, dove le decisioni si comunicano dall’alto e i cittadini sono ridotti a spettatori passivi.

La contraddizione è evidente: Meloni non esita a invocare la libertà di stampa quando si tratta di attaccare governi stranieri, ma fatica a riconoscerne il valore quando è lei a dover rispondere alle domande dei cronisti italiani. Eppure, è significativo notare come un pezzo consistente della stampa televisiva, quella che arriva ogni giorno nelle case degli italiani, non mostri alcuna difficoltà a schierarsi dalla sua parte. Talk show addomesticati, interviste compiacenti, palinsesti che più che informare fanno da megafono: un contesto che garantisce a Meloni un vantaggio comunicativo enorme, mascherando le sue fragilità dietro una cortina di consenso mediatico.

Meloni non può nascondersi dietro l’alibi della “difficoltà personale”. Governare significa assumersi la responsabilità di essere messi in discussione, ogni giorno, anche in modo brutale. È questo che distingue la democrazia dall’autoritarismo: l’esistenza di una stampa libera, indipendente e capace di porre domande. Ammettere di avere problemi con il confronto non è una confessione innocente, è l’ammissione di un deficit democratico che il Paese non può permettersi di ignorare.

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