Ospite di In Onda, su La7, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, interviene duramente sull’eccidio a Gaza e sulle recenti dichiarazioni del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che, in un’intervista a i24NEWS, ha affermato di essere “molto legato” alla visione della “Grande Israele”, che includerebbe non solo i territori destinati a un futuro Stato palestinese, ma anche porzioni dell’attuale Giordania e dell’Egitto, definendo il progetto una “missione storica e spirituale che durerà per generazioni”.
La giurista non usa mezzi termini: “Il primo ministro israeliano, che ricordo, è ricercato dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Invece di essere arrestato, ed è ciò di cui dovremmo parlare, riesce ancora a decidere di cosa si debba parlare. In questo c’è un elemento geniale, perché stiamo a discutere delle idee folli che propaga. E queste sono talmente illegali che io, ascoltandoci in questo dibattito, mi chiedo come sia possibile che ne stiamo parlando.”
La relatrice ammonisce: “Non chiamatelo esodo, è uno sfollamento forzato di due milioni di persone che hanno un diritto sacrosanto all’autodeterminazione in quel po’ che gli resta, riconosciuto come diritto a uno Stato indipendente. Il problema è che si continua a elidere il diritto internazionale, che, ricordo, dice che Israele deve sloggiare da Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est.”
Secondo Albanese, non si può frammentare la questione: “Non si può parlare di Gaza come di un’entità a sé rispetto al resto della Palestina occupata. Da queste tre entità, Gaza, Cisgiordania, Gerusalemme Est, Israele, come le ha ordinato la Corte di giustizia internazionale, deve ritirare le truppe, le colonie e tutte le forme di controllo, indennizzare i palestinesi per 57 anni di violazioni del diritto internazionale e crimini e far ritornare il milione di palestinesi che sono stati nel frattempo sfollati.”
Francesca Albanese evidenzia una profonda paralisi della comunità internazionale, ma evidenzia anche segnali di cambiamento: “È vero che la comunità internazionale è nella paralisi più scioccante, però ci sono Stati del Sud del mondo che non sono più gli Stati all’epoca della decolonizzazione di 50-60 anni fa, ma si stanno opponendo, hanno cominciato a imporre sanzioni e a operare un taglio di risorse naturali ad Israele. In questo si riflette anche uno sdegno profondo di tanti e tanti cittadini ordinari che stanno protestando e che stanno cominciando a portare le loro legittime doglianze contro i rispettivi governi. Cioè stiamo vivendo una rivoluzione e non ce ne rendiamo conto.“