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Open Arms, Salvini dopo il ricorso dei pm: “Non si rassegnano”. E Nordio è già pronto: “Non si può impugnare un’assoluzione, rimedieremo”

Il leader leghista rispolvera il suo slogan: “Difendere l’Italia e i suoi confini non è un reato“. La premier Meloni attacca la Procura: "Accanimento surreale. Mi chiedo cosa pensino gli italiani di energie e risorse spese così"
Open Arms, Salvini dopo il ricorso dei pm: “Non si rassegnano”. E Nordio è già pronto: “Non si può impugnare un’assoluzione, rimedieremo”
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“Difendere l’Italia e i suoi confini non è un reato“. Matteo Salvini rispolvera su X il suo collaudato slogan come prima reazione alla decisione della Procura di Palermo di impugnare in Cassazione la sua assoluzione nel processo Open Arms. Poi, parlando ai cronisti a Milano, aggiunge: “Ho fatto più di trenta udienze, il Tribunale mi ha assolto perché il fatto non sussiste riconoscendo che difendere i confini non è un reato. Evidentemente qualcuno non si rassegna, andiamo avanti: non mi preoccupo”. In una nota successiva, il ministro dei Trasporti circoscrive l’attacco alla Procura: “Su Open Arms non c’è alcuno scontro tra politica e magistratura, e infatti ringrazio il Tribunale di Palermo e sottoscrivo tutte le 268 pagine che motivano la mia totale assoluzione, arrivata dopo decine di udienze e anni di approfondimenti”. Anche la sua legale, la presidente della Commissione Giustizia del Senato Giulia Bongiorno, commenta in modo lapidario: “La sentenza del Tribunale di Palermo è completa e puntuale in fatto e ineccepibile in diritto“.

Sulla vicenda interviene anche la premier Giorgia Meloni: “È surreale questo accanimento, dopo un fallimentare processo di tre anni – a un ministro che voleva far rispettare la legge – concluso con un’assoluzione piena. Mi chiedo cosa pensino gli italiani di tutte queste energie e risorse spese così, mentre migliaia di cittadini onesti attendono giustizia”, scrive sui social. E dopo poco Salvini la ringrazia sotto forma di riiisposta al suo post: “Grazie Giorgia. Sono convinto che difendere l’Italia e i suoi confini non sia reato. Altri mesi e anni di processi? Io vado avanti, a testa alta, con la certezza di aver fatto il mio dovere, senza nessuna paura”.

E così arriva anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio che rispolvera un vecchio pallino del centrodestra: “Niente impugnazione contro le sentenze di assoluzione, come in tutti i paesi civili. Altrimenti finiamo a ciò che è avvenuto col caso Garlasco. Al di là delle implicazioni politiche di questa scelta inusuale, si pone il problema tecnico. Come potrebbe un domani intervenire una sentenza di condanna al di là di ogni ragionevole dubbio, quando dopo tre anni di udienza un giudice ha dubitato e ha assolto? La lentezza della nostra giustizia dipende anche dall’incapacità di molti magistrati di opporsi all’evidenza”. “Rimedieremo” assicura.

Tra i primi a esprimere solidarietà al leader della Lega il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che all’epoca dei fatti era il suo capo di gabinetto proprio al Viminale: “Mi dispiace molto per questa notizia, mi ha colpito molto, nel rispetto profondo dei passaggi giudiziari. Mi dispiace umanamente e personalmente e anche professionalmente, io ho vissuto quella stagione da capo di gabinetto di Salvini. Me ne sento ancora più partecipe e rivendico l’azione che fu fatta per contrastare l’immigrazione illegale che non è tanto diverso dalle mafie. Mi ritengo moralmente imputabile anche io”, afferma. Anche il presidente della Camera, il leghista Lorenzo Fontana, ha telefonato al vicepremier manifestandoglii solidarietà.

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