Buonfiglio vuole rifare il Coni: 20 commissioni e il nodo della giustizia sportiva, tra scandali e conflitti d’interesse
Una riforma complessiva del Comitato Olimpico. Il primo atto di Luciano Buonfiglio da presidente del Coni ed erede di Malagò sarà quello di nominare non una, ma addirittura venti commissioni, una per ogni grande tema da affrontare, per capire in che direzione dovrà andare lo sport italiano. Il piano è emerso negli ultimi giorni, a margine degli incontri formali e informali che Buonfiglio ha avuto con la giunta e i presidenti federali, in cui ha spiegato la sua idea e ascoltato le richieste (chi vorrebbe occuparsi di cosa). Saranno gruppi di lavoro misti, con dentro tecnici e anche dipendenti del Coni, e un referente “politico”, per lo più membri di giunta. Nell’elenco c’è di tutto: si va dalla sanità (l’ultima in lista, su indicazione della vicepresidente Diana Bianchedi) alla governance (chissà se si riparlerà di limite di mandati, difficile…), dalla fiscalità all’impiantistica, dai rapporti con gli enti di promozione sportiva (affidati a Juri Morico, pupillo della premier Meloni e di Fratelli d’Italia) al marketing, argomento particolarmente spinoso, da cui dipende la stessa sopravvivenza del Coni, che dal primo gennaio 2027, finita la sbornia dei Giochi di Milano-Cortina, dovrà ricollocarsi sul mercato.
La commissione più attesa, però, è senza dubbio quella sulla giustizia sportiva, che rappresenta il tema dei temi per il movimento, alla luce dei continui scandali e conflitti di interessi che hanno riguardato tante Federazioni. La riforma è tornata d’attualità negli ultimi giorni per la richiesta del deputato Pd, Mauro Berruto, di un’indagine conoscitiva in parlamento, con l’apertura dello stesso ministro Abodi ad affrontare la questione. Questo potrebbe essere lo strumento per farlo: nella commissione istituita dal Coni potrebbero esserci infatti un paio di rappresentanti governativi, a partire proprio da Francesca Orlando, capo del legislativo del ministro Abodi. Come esperti si fanno i nomi, tra gli altri, di Pierluigi Matera (avvocato ben inserito nei palazzi sportivi, Il Fatto ha già raccontato il suo doppio ruolo, adesso terminato, nella Federazione Pentathlon, travolta dallo scandalo sui rimborsi del n.1 Bittner, e il legame col neopresidente Buonfiglio), i professori Massimo Proto e Massimo Zaccheo, sotto la guida del vicepresidente del Coni, Marco Di Paola (qui invece si potrebbe obiettare l’opportunità di affidare il coordinamento a un presidente federale, cioè proprio a quel potere a cui va sottratto il controllo sulla giustizia).
Eletto con i voti di Malagò, quindi con la nomea di suo “prestanome”, Buonfiglio sta improntando l’inizio del suo mandato all’insegna della discontinuità (come prima uscita ha fatto visita al torneo Settecolli di nuoto di Barelli e alla festa di Fratelli d’Italia), per scrollarsi di dosso l’ombra del predecessore. Una delle principali critiche mosse a Malagò (soprattutto nell’ultimo periodo) era stata quella di un eccessivo autoritarismo, e scarso coinvolgimento degli altri presidenti. Con queste commissioni, l’intenzione di Buonfiglio è chiara: puntare proprio sul dialogo e la concertazione, sia verso l’esterno (col governo, con cui Malagò ha avuto pessimi rapporti dalla riforma Giorgetti in poi), sia all’interno dello stesso movimento. Poi, più delle parole, conteranno i fatti, quanto e cosa di concreto produrranno queste commissioni: i temi sono tanti, forse troppi, il rischio è di occuparsi di tutto e quindi di niente. Ad esempio, per la giustizia, il nodo è la commistione tra il potere politico e quello giudiziario: di fatto i presidenti, attraverso il consiglio, scelgono i procuratori e i giudici federali, quindi non esiste imparzialità. Si avrà una vera riforma soltanto togliendo alle Federazioni la giustizia federale, che semplicemente non dovrà essere più federale. Altrimenti la montagna avrà partorito il classico topolino.