Caccia, non soltanto il referendum: una legge d’iniziativa popolare per l’abolizione dell’attività venatoria
“Gli animali selvatici? Per il centrodestra sono una vera e propria cambiale elettorale, nonostante i cacciatori siano una minoranza irrisoria”. Massimo Vitturi, responsabile nazionale area Animali Selvatici di Lav Italia, non nasconde l’indignazione. Ricorda che l’attacco agli animali selvatici è iniziato subito dopo l’elezione del governo, a dicembre 2022, con l’emendamento “caccia selvaggia”, che consente ai cacciatori di entrare nelle aree urbane e protette, proseguito poi nel tempo con la legalizzazione della caccia indiscriminata ai cinghiali, l’approvazione di un piano quinquennale per lo sterminio di qualsiasi specie selvatica, il tentativo di concedere la licenza di caccia ai sedicenni e altre concessioni. Norme che hanno determinato l’apertura di ben due procedure d’infrazione da parte della Commissione Europea nei confronti del nostro Paese. L’attacco si sta aggravando e concretizzando con il disegno di legge Lollobrigida depositato dai capigruppo della maggioranza in Senato (prima era un disegno di legge di iniziativa addirittura governativa). Sebbene rischiasse di essere approvato senza confronto parlamentare, mentre ora dovrà passare attraverso il consueto vaglio parlamentare, costituisce un rischio enorme per la nostra fauna.
Contro questa misura è stata presentata in giugno scorso in Cassazione la Proposta di Legge di iniziativa popolare con la quale si chiede il rafforzamento delle tutele previste per orsi e lupi, l’obbligo per le regioni di aumentare la superficie delle aree protette, ma soprattutto prevede l’abolizione dell’attività venatoria in tutto il territorio nazionale. A presentarla proprio le associazioni Animalisti Italiani, ENPA, LAC, LAV, LNDC Animal Protection e OIPA che hanno avviato la raccolta firme sulla piattaforma istituzionale raggiungibile a questo indirizzo e che chiunque può sottoscrivere purché dotato di SPID o carta d’identità elettronica: “Sono necessarie 50.000 firme perché la Proposta di Legge possa varcare la soglia del Parlamento, faremo tutto il possibile perché finalmente la democrazia prevalga sull’arroganza dei cacciatori e dei loro politici di riferimento”, spiega Massimo Vitturi. “Il nuovo ddl purtroppo prevede varie oscenità dal punto di vista degli animali selvatici”, continua. “Ad esempio, viene rimosso il limite che oggi impone la chiusura della stagione di caccia entro la prima decade di febbraio, consentendo così di andare a caccia anche nel periodo primaverile che è il periodo dedicato alla riproduzione degli animali selvatici. Non solo: questo ddl ha deciso di riaprire gli impianti di cattura degli uccelli migratori, che erano inattivi da una quindicina di anni, in violazione delle norme europee. Si tratta di reti che catturano appunto gli uccelli migratori, che poi vengono regalati ai cacciatori che li usano come richiami vivi. Una vergogna in assoluto ma ancor di più se si pensa che con questo disegno di legge si vuole rendere la caccia una attività ‘a tutela della biodiversità’”. Di più, il disegno di legge inserisce una sanzione per chi protesta contro la caccia: “Praticamente si sono inventati il reato di chi ostacola l’attività dei cacciatori”.
Il paradosso è che lo stesso Eurispes certifica da sempre la grande avversione dei cittadini italiani nei confronti della caccia, con valori che nel tempo hanno registrato il 76% dei contrari. “L’età media dei cacciatori continua ad aumentare (tra 65 e 78 anni) e il loro numero a diminuire; mentre la stragrande maggioranza degli italiani è contraria alla caccia”, afferma l’avvocato e scrittore ambientalista Fabio Balocco. Per scongiurare quello che definisce “un attacco mortale alla fauna selvatica e alla biodiversità, sferzato dal ministro Lollobrigida, l’associazione “Rispetto per tutti gli animali” ha deciso da tempo di seguire una strada diversa, quella del referendum popolare contro l’art.842 del Codice Civile. Balocco: “In palese contrasto con la nostra Carta Costituzionale, in particolare l’art. 3 (godimento di uguali diritti dinanzi alla legge), e l’art. 42 (garanzia e riconoscimento del diritto alla proprietà privata), in Italia vige un articolo di legge, l’842 del codice civile, che recita che il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l’esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno. Una norma anacronistica e priva di senso. E si consideri anche che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) pronunciò in data 26 giugno 2012 una storica sentenza che sancisce una sorta di diritto all’obiezione di coscienza venatoria in favore del proprietario dei terreni che non intenda consentirvi l’esercizio della caccia”.
“La nostra battaglia è stata lanciata il 16 giugno e durerà fino al 16 settembre”, spiega Giancarlo De Salvo, presidente e fondatore dell’associazione “Rispetto per tutti gli animali”. “Ci muoviamo sulla scia dei Radicali: abbiamo cominciato a ripresentare dal 2021, ogni anno, il quesito con il quale Marco Pannella nel giugno del 1990 aveva portato 18 milioni di italiani al voto (due milioni e sarebbe arrivato al quorum). Ripresentare questo quesito già approvato vuol dire anche non rischiare che venga bocciato dalla Corte Costituzionale, per questo insistiamo su questo, per non disperdere energie”.