Chris Horner cacciato dalla Red Bull, Vitantonio Liuzzi: “Chiaro messaggio a Verstappen per convincerlo a rimanere”
Venti anni di successi, prima del clamoroso licenziamento. Da questo mercoledì, Christian Horner non è più alla guida della Red Bull, sostituito nel ruolo di Ceo dall’oramai ex capo-squadra della Racing Bulls (anche ex Ferrari) Laurent Mekies. Una operazione, a detta di molti, orchestrata per tenere Max Verstappen in squadra, sempre più attratto dalla Mercedes. Vitantonio Liuzzi, a Milton Keynes come terzo pilota nella stagione 2005, ha detto la sua sull’amico e team principal britannico con cui, 21 anni fa, vinse con la Arden in F3000 (oggi Formula 2), guardando anche al futuro: “Mekies è la scelta giusta come successore”.
Liuzzi, più sorpreso dall’addio di Horner o dalla tempistica dell’ufficialità?
Entrambi gli aspetti. Non me l’aspettavo, non dopo vent’anni di successi tra Christian e il team. E soprattutto non in questo modo, così all’improvviso. Ero presente a Silverstone (come commissario di gara Fia, ndr) e non avevo avuto il sentore che si fosse arrivati a un punto di rottura così avanzato. Si vedeva ancora una certa armonia. Però è chiaro che internamente c’era qualcosa che si muoveva già da tempo. Il terremoto era iniziato già l’anno scorso, con l’addio di Adrian Newey (oggi d.t. Aston Martin), senza dimenticare le voci sul sexgate. Le tensioni interne non hanno aiutato, e così si è arrivati alla frattura.
Secondo molti sarebbe una mossa voluta dei vertici del team della bevanda per trattenere Verstappen. È d’accordo?
Probabilmente è proprio quella la chiave. Una relazione professionale così lunga e fruttuosa non si interrompe senza una ragione forte. Non ci sono stati veri segnali, né una conclusione naturale a fine stagione. Sembra una decisione strategica e improvvisa, forse proprio per mandare un forte messaggio a Max convincendolo a restare.
Lo stesso olandese, parlando del suo futuro prima del GP di Silverstone, ha detto che non sarebbe male per lui chiudere la carriera correndo per lo stesso team, ma che qualcosa sarebbe dovuto cambiare. Il timing sembra quasi decisivo…
Sì, siamo a un punto cruciale. Mercedes sta facendo di tutto per prenderlo, il loro interesse non è mai stato nascosto. E c’è anche da considerare il potenziale vantaggio tecnico per il 2026, soprattutto se ci sono dubbi sulla nuova Power Unit Ford per la Red Bull e se la rivale sembra essere quella più favorita di tutti. La decisione non è di tipo economico: Max è uno che vuole vincere, non solo guadagnare.
Ce lo vedrebbe con le Frecce d’Argento?
Chiunque lo vorrebbe, essendo un pilota in grado di toglierti decimi in pista. Affamato, con tanta voglia di vincere. Chiaro è che se cercasse l’auto più competitiva e se Mercedes fosse tra le favorite, sarebbe giusto per lui pensarci.
Se la Red Bull avesse sacrificato Horner per favorire il rinnovo di Max, non sarebbe comunque una decisione rischiosa, considerando un pilota che non ha voglia di correre fino a 40 anni come Hamilton o Alonso?
Rischiosa sì, ma ripeto: la mossa rende evidente il fatto che il rapporto tra Horner e Verstappen si fosse incrinato. Ed è un peccato, perché è stato un manager a tutto tondo, centrale nella crescita del team, sin dai suoi esordi, portandolo ai fasti di oggi. Ora c’è Mekies, che magari sarà più in sintonia con Verstappen. Il problema è che all’interno del team il terremoto sarà difficile da gestire.
Lei è stato uno dei primi piloti Red Bull alla nascita del team 20 anni fa, e conosce Horner da una vita, anche suo amico. Come lo ricorda?
Come una persona che ha avuto un impatto enorme sulla mia carriera. Con lui ho vinto il campionato di Formula 3000 con la Arden, che era il suo team (nel 2004). Sono stato tra i primi a sostenere il suo ingresso in Formula 1 e lo ricordo come una persona dalla grande capacità decisionale, un motivatore eccezionale. Mi ha sempre colpito il suo modo di gestire le persone. Non ha mai attaccato, almeno prima di capire la situazione, se può ti sostiene sempre e ti motiva. Un vero leader. Una delle persone più importanti nella mia crescita personale e professionale. Sono però convinto di una cosa.
Cosa?
Mekies conosce l’ambiente bene ed è la figura giusta. Tanto che nel 2005, dopo che la Red Bull acquistò la Minardi convertendola in Toro Rosso, proprio dove lavorava, è diventato capo ingegnere del team, lavorandoci per nove anni. Poi è tornato a Faenza dopo l’esperienza in Fia e in Ferrari, e la Red Bull ha fatto la scelta più sensata in un momento difficile come l’attuale. Merita questa opportunità.
Mekies, braccio destro dell’ex team principal Binotto, è uno degli epurati della Ferrari, assieme ad altri ingegneri che, andando in altre squadre, hanno fatto la differenza. Alcuni esempi sono lo stesso Mattia, James Allison, Andrea Stella o Aldo Costa. Ha sbagliato Vasseur a mandarlo via?
Sì, ma adesso bisogna guardare avanti. L’unica scelta che avrei fatto diversamente è proprio su Mekies: avrei cercato di tenerlo. Ma non sempre si può avere tutto sotto controllo. Roma non si è fatta in un giorno. In Ferrari avranno avuto le loro ragioni.
Guardando ai dati, con Horner in Red Bull il team ha conquistato 124 vittorie, sei titoli costruttori e otto piloti. In Ferrari, nello stesso periodo, si sono avvicendati sei team principal, con risultati molto inferiori: un Piloti e due Costruttori. È la dimostrazione che la continuità paga…
La continuità è importante, ma non basta da sola. Come nel calcio, cambiare l’allenatore non sempre fa la differenza se il gruppo non funziona. Horner ha fatto benissimo, ma bisogna valutare caso per caso. Non è solo una questione di nomi, ma anche di dinamiche interne, di organizzazione, di mentalità. La Red Bull conterà comunque sulla presenza di Helmut Marko (consigliere del team) che ha avuto un peso specifico nelle decisioni di squadra.
Ora che Horner è libero, la Ferrari dovrebbe pensare a lui come tre anni fa, quando tentò di prenderlo?
Sicuramente. Se Ferrari dovesse decidere che l’era Vasseur è finita, anche se personalmente credo sia ancora presto, allora non può farsi sfuggire uno come Horner. L’unica tra i big-team che potrebbe pensare a lui, con l’Aston Martin come possibile concorrente. Mi auguro però che a Maranello non cambino, perché un team principal ha bisogno di tempo per costruire e far crescere una squadra. Non si possono aspettare risultati immediati. Serve stabilità, pazienza e visione a lungo termine. Se decideranno di cambiare, che almeno sia una decisione meditata.
In Fia si caldeggia un ritorno dei V8 aspirati dal 2029, con carburanti sostenibili, per ridare più spettacolo alla categoria. Il presidente della Federazione Mohammed Ben Sulayem ha detto che anche i team più scettici si starebbero convincendo. Lei che conosce bene questo tipo di propulsori, sarebbe a favore di un passo indietro?
Assolutamente sì, il sound e le sensazioni sono un qualcosa di unico che oggi si è perso. Però bisogna anche guardare al futuro: la Formula 1 sta spingendo tanto sull’ibrido, sulla sostenibilità, e tornare indietro sarebbe difficile da giustificare. Certo, a livello emozionale sarebbe bellissimo, ma non credo sia realistico. Magari si potrebbe trovare un compromesso: un motore che mantenga le emozioni degli aspirati, ma con tecnologie moderne, ecologiche. Quello sì che sarebbe un bel passo in avanti. Pensare che oggi i piloti facciano ‘lift and coast’ (alleggeriscano il piede dall’acceleratore prima del punto di frenata, lasciando la vettura avanzare per inerzia prima di frenare completamente) è un po’ triste, anche il concetto del rigenero dell’energia è una problematica meno da Formula 1 e più da gare dell’Endurance, per questo auspico in un cambio.