Max Mara e il Polo sfumato: sulla stampa locale spazio alla polemica, ma silenzio sulle condizioni di lavoro

Non si placano le polemiche sul caso Max Mara. A seguito dell’inchiesta de Il Fatto Quotidiano che ha acceso i riflettori internazionali sulle denunce delle lavoratrici della Manifattura San Maurizio, la vicenda, lo ricordiamo, è approdata in Parlamento, con un successivo intervento del Ministero del Lavoro che ha confermato le “irregolarità” segnalate, ed è finita al centro del confronto politico in Consiglio Comunale. Di riflesso, anche la stampa locale se è occupata. A tal proposito, pubblichiamo di seguito la riflessione di Matteo Rinaldini, professore di Sociologia dei processi economici e del lavoro, Università di Modena e Reggio Emilia.
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di Matteo Rinaldini*
Max Mara Fashion Group si defila e fa saltare il progetto Polo della Moda, progetto su cui aveva siglato un accordo con il Comune un paio di anni fa. La decisione è stata presa dopo che al Consiglio Comunale di Reggio Emilia si è discusso delle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori negli stabilimenti reggiani del gruppo.
Il dibattito che si è scatenato nei media locali in seguito alla comunicazione del gruppo Max Mara di ritirarsi dall’investimento si è focalizzato sugli errori che avrebbe commesso il sindaco Massari e la sua Giunta. Le opposizioni chiedono le dimissioni del Sindaco per inadeguatezza. Inesperto, incapace, distratto, dilettante, ideologico sono solo alcuni aggettivi che sono stati accostati al Sindaco da esponenti politici e commentatori che scrivono sui mezzi di informazione. Eppure, alcuni di questi stessi commentatori e politici locali fino a qualche giorno prima scrivevano con sarcasmo che questa vicenda era tutto cinema, teatro, finzione e che l’esito sarebbe stato scontato: un patto di non belligeranza tra amministrazione locale e gruppo della famiglia Maramotti, nel solco della tradizione che ha caratterizzato il territorio reggiano dagli anni 70 poi. Previsioni evidentemente sbagliate, ma che indicano quanto questo esito fosse imprevedibile ai più.
Le previsioni si sbagliano, non è questo il problema, anche se sarebbe professionalmente elegante trovare un riferimento nell’articolo successivo o nella dichiarazione successiva che dia conto della errata previsione. Invece, niente riferimenti a previsioni fatte e rivelatesi sbagliate e via a prendere a cannonate verbali il sindaco Massari, il suo entourage e a riportare tutto alla polemica politica locale tra partiti di maggioranza e di opposizione.
Mi permetto di fare notare che tutto questo battage mediatico sull’amministrazione comunale sta trascurando (volontariamente?) il vero il fatto importante che è avvenuto in questi giorni, l’elefante nella stanza che nessuno vuole commentare (perché?). Provo dunque a rimediare parzialmente e a ricostruire la vicenda nei suoi tratti essenziali.
Atto primo: un gruppo di lavoratrici e lavoratori di Max Mara Fashion Group si organizza e denuncia quelle che secondo loro sono condizioni di lavoro non buone o per lo meno non all’altezza di un’impresa come Max Mara. Per la prima volta dopo circa mezzo secolo, viene proclamato uno sciopero a Max Mara. Un tempo così lungo di sedazione della dialettica sociale (una volta si chiamava “conflitto” e lo si riteneva il sale della democrazia) evidentemente disabitua alle normali tensioni derivanti dal confronto tra le parti.
Atto secondo: il caso delle condizioni di lavoro in Max Mara Fashion Group viene portato in Consiglio Comunale e in Sala Tricolore si svolge una seduta con all’ordine del giorno proprio questo tema. Non è stata riportata una cronaca dettagliata del dibattito consigliare sui quotidiani locali, ma certamente se ne è discusso in Consiglio Comunale. Un atto forse irrituale, ma affatto illegittimo. Nulla impedisce ad un Consiglio Comunale o a un Parlamento di discutere temi come questi, soprattutto quando riguardano realtà importanti di un territorio locale o di un Paese. Nel rispetto dell’autonomia del sistema di relazioni industriali, questo è sempre successo.
Detto ciò, la presa di posizione pubblica del Sindaco si è limitata ad un generico comunicato che più o meno recitava “Max Mara ascolti i lavoratori in sciopero”, un invito al dialogo a metà tra un saluto domenicale del Papa e una dichiarazione da socialista anni 80, non proprio una posizione da bolscevico in assetto da assalto al palazzo d’inverno.
Atto terzo: un altro gruppo di dipendenti di Max Mara Fashion Group scrive una lettera pubblica in cui si sostiene che il gruppo di lavoratori in sciopero ha torto e in cui si denuncia il carattere mistificatorio delle parole degli scioperanti. Secondo questo gruppo di lavoratori le condizioni di lavoro non sono affatto cattive, anzi, al contrario in impresa vige un clima armonioso, le condizioni di salute e sicurezza sono rispettate e condivise, non c’è alcuna pressione esercitata sui lavoratori, nemmeno attraverso il sistema a cottimo in vigore. Certo, come in ogni impresa possono sorgere problemi e disaccordi, ma, è scritto nella lettera, in Max Mara i problemi si risolvono in modo civile, parlandone con i superiori che in generale hanno una cultura manageriale inclusiva e non hanno mai dato luogo a comportamenti scorretti, tanto meno a ritorsioni nei confronti di chi avanza critiche.
Successivamente la dirigenza, attraverso un comunicato stampa, fa propria la posizione di questo gruppo di dipendenti e sostiene che la realtà è proprio quella raccontata in quest’ultima lettera, che in azienda c’è un clima sereno, che la ritorsione non fa parte dello stile manageriale del gruppo e che le accuse rivolte all’azienda dagli scioperanti sono false e pretestuose.
Ultimo atto: il presidente del gruppo Max Mara, indignato per il dibattito che si è svolto in Consiglio Comunale e per la presa di posizione del Sindaco (ricordo la frase incriminata: “Max Mara ascolti i lavoratori in sciopero”), si defila dal progetto Polo della Moda in conseguenza del “clima di tensione e divisione” instauratosi anche a causa dello stesso dibattito che si è svolto in Consiglio Comunale.
E per fortuna che la ritorsione non è nello stile Max Mara! I fatti dicono che, subito dopo avere negato a mezzo stampa che ci siano mai stati atti di ritorsione nei confronti di lavoratori negli stabilimenti del gruppo (e non ho elementi per affermare che sia vero o meno, so solo che un gruppo di lavoratori sostiene questo e per questa e altre ragioni ha fatto sciopero rimettendoci parte dello stipendio) e che mai e poi mai lo stile di direzione dell’azienda avrebbe questi tratti dispotici, Max Mara Fashion Group cosa fa? Si disimpegna dall’investimento nel Polo della Moda, una ritorsione monstre nei confronti dell’intera città di Reggio Emilia, che ha un Consiglio Comunale che ha “osato” discutere delle condizioni di lavoro presenti nello stabilimento reggiano del gruppo! Una sorta di “serrata urbana”, un atto di forza cristallino, un messaggio chiarissimo e chi se ne frega se tra vicenda sindacale e investimento nel Polo della Moda non c’è alcuna reale connessione logica. In altri termini, un po’ più volgari, l’esito della vicenda è parafrasabile in questo modo: io vi tengo per le palle! Mi basta stringere… e sono dolori!
Chi conosce bene la storia di questo territorio probabilmente mi obietterà che non si tratta di nulla di nuovo, che, lo sanno tutti, a Reggio Emilia funziona così da oltre mezzo secolo. Vero, ma la novità è la trasparenza con cui tutto questo accade, la luce del sole sotto cui tutto questo avviene, senza mistificazioni, senza preoccuparsi di nascondere la prepotenza che sta dietro l’atto.
E’ un po’ il segno dei tempi: è molto simile a quello che succede alle università americane quando il governo Usa comunica esplicitamente ai rettori che se non si chiudono le porte agli studenti stranieri, allora il governo chiude il rubinetto all’ateneo; è simile a ciò che accade in questo periodo sullo scacchiere geopolitico ed economico internazionale quando vediamo i rappresentanti dell’1% della popolazione che detiene il 99% della ricchezza negoziare attraverso dazi al 50% o il lancio di bombe e, soprattutto, rivendicare la pratica intimidatoria come principale leva negoziale.
L’esercizio relazional-muscolare è lo stesso: ti tengo per i testicoli, mi basta stringere, sappilo… e ora se vuoi iniziamo a parlare.
Ora, perché commentatori, giornalisti, esponenti politici locali e non solo locali non si occupano di tutto questo, non si esprimono su tutto questo e, invece, sono tutti impegnati, con qualche lodevole eccezione, a prendere a sberle verbali il sindaco Massari o a chiederne le dimissioni? Il quale sindaco forse ha fatto una scivolata istituzionale, forse ha sottovalutato alcuni passaggi, forse ha peccato di inesperienza, ma, pur non intenzionalmente, ha contribuito a rendere evidenti a tutti, e non solo agli addetti ai lavori, le caratteristiche del rapporto che si è costruito nel tempo tra il gruppo della famiglia Maramotti e Comune di Reggio Emilia.
Ultima osservazione: delle condizioni di lavoro in Max Mara, delle ragioni che sottostavano alla mobilitazione dei lavoratori, dopotutto il punto da cui è partita tutta questa vicenda, non si sta occupando più nessun giornalista o commentatore… per ora.
* Professore di Sociologia dei processi economici e del lavoro, Università di Modena e Reggio Emilia