Nella relazione tra giovani e politica, come in ogni altra, la colpa dei conflitti è di entrambi

di Francesco Canosa
Non giriamoci troppo attorno: come in tutte le relazioni, la colpa è di entrambi. Sarebbe troppo facile, scontato e retorico lavarsene le mani e addossare tutte le colpe al partner universalmente riconosciuto come il “cattivo” della coppia: la classe dirigente politica.
Che essa non goda di buona reputazione è risaputo. Decenni di abusi, tradimenti, ipocrisie e bugie hanno generato disaffezione e disillusione nell’altro partner e l’idea – non poi così qualunquista o malpensante – che chiunque occupi una poltrona, a livello locale o nazionale, lo faccia per interesse personale più che per spirito di servizio verso la collettività.
Ma anche continuare ad analizzare le colpe della politica sarebbe altrettanto scontato, ripetitivo e sterile. Non diremmo nulla di nuovo.
Passiamo allora all’altro partner: noi giovani. Dire che abbiamo ereditato una situazione disastrosa è ormai un cliché, seppur vero. Non ci è stata lasciata una patata bollente, ma una patata infuocata. Tuttavia, oltre alla disaffezione (comprensibile), c’è dell’altro: vogliamo tutto e subito, proprio come accade nelle relazioni interpersonali con i nostri coetanei. E soprattutto, ci annoiamo in fretta. Soffriamo di un deficit di attenzione e di concentrazione che ci porta a relazionarci con la cosa pubblica scrollando su Instagram e Tiktok, dove il nostro bias di conferma, a braccetto con l’algoritmo, decide cosa mostrarci.
Non approfondiamo. E, come nelle relazioni personali, davanti a una pluralità di verità che ci viene sbattuta in faccia, finiamo per non credere più a nessuna.
La soluzione? Di certo non quella prospettata da quel famoso sondaggio pubblicato in occasione dell’ottantesimo anniversario della liberazione di Auschwitz, secondo cui la maggioranza dei giovani inglesi sarebbe favorevole a un dittatore “che non debba preoccuparsi di elezioni e Parlamento”. Sarebbe come lasciare il proprio partner grigio e anemico, rappresentato dalla politica italiana, per un “malessere”: il maschio alfa in nero che non deve chiedere mai, e che, proprio come il precedente, finirà per tradirti e ghostarti, ma con più testosterone e mascolinità.
In sintesi, se questo fosse un testo per offrire risposte, la conclusione sarebbe un semplice e banale “bisogna imparare ad amarsi”. Ma siccome è solo uno sfogo, la soluzione la chiedo a voi – giovani e meno giovani, politici e non.