Dl Sicurezza, esame-lampo al Senato: testo subito in Aula senza mandato al relatore. Il governo pone la fiducia
Arriva al Senato per un passaggio lampo il decreto Sicurezza, il provvedimento-bandiera varato il 4 aprile scorso dal Consiglio dei ministri e approvato dalla Camera il 29 maggio (qui la scheda con i contenuti principali). Per garantire la conversione in legge entro il 10 giugno, giorno della scadenza del termine, il governo ha imposto un esame puramente formale a palazzo Madama: la discussione generale nelle Commissioni congiunte Affari costituzionali e Giustizia è iniziata alle 13:30, il termine per la presentazione degli emendamenti è scaduto alle 15. Dalle 16 in poi si sarebbe dovuto iniziare (formalmente) a discutere e votare le proposte di modifica, in vista di un approdo in Aula previsto appena un’ora dopo, alle 17. La maggioranza, però, ha deciso licenziare il testo senza conferire mandato al relatore, uno stratagemma che consente di saltare del tutto l’esame. Un blitz giustificato così dal presidente della Commissione Affari costituzionali, Alberto Balboni di FdI: “Un’eventuale approvazione anche solo di un emendamento comporterebbe il ritorno alla Camera, ma il provvedimento scade il 10 giugno e non ci sarebbero il tempo materiale”.
Le opposizioni avevano presentato circa 120-130 emendamenti (trenta-quaranta per gruppo), tutti di merito, per non prestare il fianco ad accuse di ostruzionismo: un gesto di fair play che non ha raggiunto il suo scopo. “È evidente che da parte del governo non c’è nessuna volontà di arrivare a un confronto di merito con le opposizioni”, ha denunciato ai cronisti Peppe De Cristofaro, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra. “Ci sarebbe tutto il tempo” per esaminare le proposte, “ma non c’è la volontà politica”, ha lamentato Marco Lombardo di Azione). Anche Alessandra Maiorino, capogruppo M5s in Affari costituzionali, sottolinea come il numero degli emendamento fosse “più che gestibile“: “A questo punto la responsabilità di queste ennesima gravissima forzatura, con un testo non esaminato in Commissione e su cui verrà messa la fiducia, è tutta del centrodestra”, attacca.
La questione di fiducia – come già a Montecitorio la settimana scorsa – è infatti stata puntualmente posta dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, con l’effetto di far decadere anche tutti gli emendamenti presentati in Aula (ben 933, gli stessi già presentati nell’altro ramo del Parlamento): “Del resto era scontato che fosse così e lo dimostra quello che è successo negli ultimi mesi, quello che è successo alla Camera la settimana scorsa, quello che è successo qui quando, clamorosamente e vergognosamente, quello che in origine era il ddl Sicurezza è stato trasformato in decreto“, attacca De Cristofaro. “Da parte nostra, ma credo di poter parlare anche a nome dei colleghi, naturalmente denunciamo questo iter autenticamente scandaloso che peraltro non consente al Parlamento un esame approfondito della materia”, afferma.
“Nella seduta di oggi in Commissione abbiamo espresso tutta la nostra determinazione nel discutere il merito di questo vergognoso e illiberale provvedimento. Qual è stata la risposta? La risposta è stata che 131 emendamenti sono troppi e che comunque hanno deciso di andare in Aula alle 17 senza mandato al relatore. Una decisione che è stata tranquillamente raccontata come se fosse normale“, denuncia il capogruppo Pd in Commissione, il costituzionalista Andrea Giorgis. Questo dimostra quello che purtroppo abbiamo denunciato fin dall’inizio e cioè che ci troviamo di fronte a un gravissimo, gravissimo abuso della decretazione d’urgenza al quale si somma da parte della maggioranza una mortificazione senza precedenti del ruolo e della funzione del Parlamento perché non abbiamo neanche potuto iniziare a trattare gli emendamenti”.