Caso Serena Mollicone, la Cassazione: “Motivazioni delle assoluzioni contraddittorie e incomprensibili”
“Il convincimento dei giudici non può e non deve fondarsi sui sondaggi o sugli umori popolari e non può escludersi che le prove, invece, ci siano, e che questo Collegio non abbia saputo valorizzarle e questo lo dirà, eventualmente, la Suprema Corte”. Era quello che scrivevano, neanche fosse un inusuale presagio, i giudici della Corte d’assise d’appello di Roma nelle motivazioni delle assoluzioni di Franco Mottola, la moglie Annamaria e il figlio imputati per l’omicidio di Serena Mollicone, la giovane del trovata morta il 3 giugno 2001 in un boschetto. E la Suprema corte, dopo aver annullato quella decisione l’11 marzo scorso, bolla come contraddittorie e incomprensibili le motivazioni che avevano portato a non accogliere le richieste di pena dell’accusa.
Le motivazioni – “La sentenza impugnata ha puntualmente riportato le argomentazioni della sentenza della Corte di assise di Cassino e le corrispondenti critiche degli appellanti (pubblico ministero e parti civili) ha anche dato atto della contrapposizione delle considerazioni delle parti in sede istruttoria, ha evidenziato alcune criticità, concludendo” per l’assoluzione “solo per il fatto che esse esistessero. Dando vita in più punti a passaggi motivazionali talmente contraddittori tra loro da risultare incomprensibili” scrivono i giudici della I sezione penale della Cassazione.
Per gli ermellini “la Corte di assise di appello di Roma muove dalle osservazioni della prima Corte, secondo cui ‘numerosi elementi indiziari, costituenti dei tasselli fondamentali dell’impianto accusatorio del pm, non sono sorretti da un sufficiente e convincente compendio probatorio’ e secondo cui ‘dalla stessa istruttoria dibattimentale sono emerse delle prove che si pongono in termini contrastanti rispetto alla ricostruzione dei fatti da parte della pubblica accusa’. Ma, pur richiamando questo passaggio della sentenza di primo grado – scrivono i supremi giudici nelle 34 pagine di motivazioni – non conferma affatto la sussistenza di prove contrastanti rispetto a detta ricostruzione, affermando, anzi, in più punti che quest’ultima era del tutto plausibile; ciò nonostante, incomprensibilmente dichiara insufficienti gli indizi, senza spiegare se sia possibile una ricostruzione alternativa più convincente”.
Il dovere di vagliare – “Se è vero che il giudice può pronunciare sentenza di condanna solo se l’imputato risulti colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio, tuttavia è anche vero che lo stesso – si sottolinea – non può astenersi dal vagliare le eventuali incertezze manifestatesi per verificare se è possibile ricomporle in un quadro coerente e che solo se, all’esito di detta verifica, permangono dubbi, nel senso della possibilità di una spiegazione alternativa dei fatti, ha il dovere di assolvere l’imputato”.
Accertamenti tecnici e testimonianza – Gli esiti degli “accertamenti tecnici della procura sono ritenuti compatibili con la ricostruzione dell’accusa e gli accertamenti tecnici di controparte non in grado di smentirli, anzi a volte in grado di corroborarli. Eppure si condivide l’asserzione della Corte di assise di Cassino secondo la quale i consulenti della difesa avrebbero prospettato ipotesi alternative. Anche sul punto vi è un’assoluta incoerenza nel ricostruire l’argomento posto a fondamento della motivazione”.
Infine secondo la Cassazione: “La Corte di assise di appello risulta avere totalmente trascurato altra fonte di prova assunta dinanzi a sé per la prima volta e fatta oggetto di approfondita valutazione nella memoria del procuratore generale” ovvero “la testimonianza di Iommi (Ramon, barbiere) che ha dichiarato che Marco Mottola era suo coetaneo e andava a farsi tagliare i capelli da lui, che allora stava iniziando a lavorare nel negozio di famiglia, aggiungendo che all’epoca” Marco “aveva i capelli mesciati e che, immediatamente dopo il ritrovamento del cadavere di Serena e subito prima del funerale, se li era fatti tagliare, dicendo che i genitori gli avevano detto di far sparire le meche”. Una testimonianza importante perché Carmine Belli, il carrozziere arrestato ingiustamente per l’omicidio e assolto poi in tutti i gradi di giudizio, aveva sempre sostenuto di aver visto la ragazza litigare con un giovane con i capelli biondi.
Marco Mottola e Serena Mollicone – “Il ragionamento della Corte territoriale, ancora una volta, è assolutamente incoerente e contraddittorio da ricadere nuovamente nell’apparenza motivazionale, in quanto, pure a ritenere non grave e preciso l’indizio sulla lite che sarebbe avvenuta al bar Chioppetelle tra Marco e Serena, i dati analiticamente riportati e commentati dalla stessa Corte rendono assolutamente plausibile la sussistenza di un forte motivo di contrapposizione tra i due ragazzi”. Secondo i supremi giudici, “le evidenziate apparenze e o inesistenze motivazionali, a cominciare dalle conclusioni e con riguardo anche alla mancata assunzione della deposizione del maresciallo Tersigni e alla mancata acquisizione delle intercettazioni relative alla conversazione ambientale del 28 settembre 2008 e alla conversazione telefonica del 10 ottobre 2008 tra l’appuntato Venticinque e la Da Fonseca (di supporto alla verifica di attendibilità di Tuzi e di quest’ultima), impongono l’annullamento della sentenza impugnata e il rinvio per nuovo giudizio rispettoso dei principi di diritto sopra menzionati ad altra sezione della Corte di assise di appello di Roma”. L’accusa aveva chiesto la condanna del maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, a 24 anni, di sua moglie Annamaria, a 22 anni, e del loro figlio Marco, a 21 anni.