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Ultimo aggiornamento: 9:25 del 28 Maggio

Regeni, Di Maio: “Da Egitto non ci fu collaborazione”. Ma resta in silenzio sulle sue parole del 2018 su Al Sisi

L'ex ministro degli Esteri è stato ascoltato in qualità di teste
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“Dall’Egitto nei miei incontri ho sempre ricevuto una disponibilità generica sulla collaborazione per il caso Regeni, ma era chiaro ed evidente che non ci fosse“. Queste le parole dell’ex ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ascoltato in qualità di teste, citato dalle difese, nel corso di una nuova udienza del processo sulla sparizione, le torture e l’omicidio del ricercatore italiano, che vede sotto accusa quattro 007 egiziani. Ovvero, Usham Helmi, il generale Sabir Tariq e i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, accusati del reato di sequestro di persona pluriaggravato (mentre al solo Sharif sono contestati anche i reati di concorso in lesioni personali aggravate e di concorso in omicidio aggravato, ndr).
“Io non ricordo che le autorità del Cairo abbiano mai posto limiti alle nostre richieste in particolare sul nodo legato all’elezione di domicilio degli indagati. In tutti gli incontri bilaterali, anche quelli che riguardavano i rapporti commerciali tra i due Paesi, il tema principale era Regeni con la richiesta di un passo avanti per arrivare alla verità su quanto avvenuto”. Eppure, ha precisato, al di là della collaborazione evocata a parole, passi in avanti reali non ce ne sono stati.
Di Maio ha poi ricordato la sua visita a fine agosto 2018 da vicepremier, quando incontrò lo stesso presidente Al Sisi: “C’erano due aspetti legati a quella missione. Potenzialmente la riapertura delle relazioni economico-commerciali con l’Egitto, ma sempre legate a un passo in avanti nella verità su Giulio Regeni. Dissi chiaramente che per la fine dell’anno del 2018 volevo convocare la commissione mista di coordinamento commerciale tra i due Paesi, qualora ci fossero stati passi in avanti. Ma non ho potuto implementare quella volontà perché quei passi non c’erano stati“.
E ancora: “L’atteggiamento di Al Sisi? Una rassicurazione formale sul fatto che avrebbero collaborato. Ovviamente i fatti li conoscete meglio di me sul livello di cooperazione”, ha aggiunto Di Maio.
Lo stesso ex titolare della Farnesina ha ricordato pure l’intervista che fece dopo l’incontro con lo stesso presidente egiziano a fine estate del 2018, in cui fissò “la deadline” per quei passi avanti auspicati (e poi mai avvenuti) nelle indagini. “Non ho mai smesso di sperare che si potesse cooperare, è noto che da ministro degli Esteri sono sempre stato a favore di lasciare l’ambasciatore al Cairo. Non ho mai smesso di chiedere cooperazione”, ha rivendicato Di Maio.
Lo stesso che però è rimasto in silenzio di fronte alle domande de IlFattoquotidiano.it quando, al termine della sua testimonianza, gli sono state ricordate le sue parole dopo l’incontro con Al Sisi del 2018. Quando dichiarò: “Il presidente Al Sisi ha detto ‘Giulio Regeni è uno di noi”. Parole che scatenarono non poche proteste e polemiche da parte di associazione dei diritti umani come Amnesty e partiti di opposizione (come Sinistra italiana), che ricordarono come da due anni già l’Egitto avesse collaborato poco o nulla, anzi, avesse anche cercato di depistare le indagini. “Prova imbarazzo oggi per aver ripetuto quelle parole di Al Sisi? Si è pentito?”, ha provato a chiedere il Fattoquotidiano.it. Domande ripetute, ma rimaste senza risposta, nel silenzio dell’ex ministro Di Maio.

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