Dl Infrastrutture: niente di più inadeguato per il Paese

Il dl Infrastrutture comprendeva una deroga sui controlli antimafia per il ponte sullo Stretto. Poteri speciali che si utilizzano solo in caso di emergenza – per tempi brevi – Mit e Ministero degli Interni li volevano applicare a un’opera i cui lavori, ammesso che si faccia, dureranno almeno 10 anni. La gestione dei controlli antimafia sarebbe passata dalla Magistratura e dall’Anac direttamente al Ministero degli Interni. Grazie al Presidente della Repubblica che ha cassato questo articolo questo tentativo è stato, al momento, fermato.
“Questo decreto-legge, frutto di un’attenta analisi delle priorità del Paese, introduce misure concrete e innovative per sbloccare cantieri, semplificare procedure e garantire servizi di trasporto all’altezza delle esigenze dei cittadini e delle imprese”. Con queste parole il Governo sintetizza i contenuti del dl Infrastrutture licenziato giovedì scorso dal Consiglio dei Ministri. Niente di più inadeguato per avviare un minimo processo di riforma e di efficientamento del comparto dei trasporti e di contenimento della spesa pubblica.
L’aumento da 8,5 mld a 13,5 mld del costo del ponte sullo Stretto in teoria potrebbe anche giustificarsi; essendo passati 13 anni, dovrebbe comunque essere oggetto di una nuova gara dati gli importi in gioco, che invece il dl esclude. Che poi il 50% possa costituire il limite massimo di incremento di costo non ha alcun senso. O gli incrementi sono giustificati e allora di che limite si parla, o non sono giustificati e allora questo limite è un consenso a spendere e non un tetto alla spesa come lo si vuol fare apparire.
Il decreto stabilisce che la società Stretto di Messina non entrerà nell’elenco delle stazioni appaltanti dell’Anac; verosimilmente sarà un suo azionista al 36%, l’Anas – che quindi terzo non è – a gestire direttamente le gare pubbliche legate all’opera. Anziché avviare una riforma organica delle concessioni autostradali, il dl, per evitare di far cadere la responsabilità dei futuri aumenti dei pedaggi sul Mit, trasferisce questa competenza all’Art e solleva dai costi per gli adeguamenti infrastrutturali (sicurezza) i concessionari portandoli fuori dai Pef e facendoli pagare allo Stato.
Infine, un passaggio sul Pnrr e in particolare sulla tratta ferroviaria Salerno-Reggio Calabria. Il decreto permette di destinare fino al 2% del valore complessivo dell’opera alla riqualificazione urbanistica (piscine, campi di calcio, cimiteri e tanto altro) delle aree coinvolte che su un costo di 30 miliardi significa autorizzare una spesa fino a 600 milioni di euro. L’1% era il limite stabilito nella legge finanziaria del secondo governo Monti. Tale limite si vorrebbe ora raddoppiare passando al 2%. L’alta velocità Salerno-Reggio Calabria (se va tutto bene sarà finita tra 20 anni) viene considerata prioritaria per il Mezzogiorno e per tutto il Paese.
Anche il settore dell’autotrasporto è al centro del nuovo dl Infrastrutture, che nella bozza introduce alcune novità a tutela del settore. Tra le misure previste nella bozza del dl Infrastrutture ci sono: indennizzi (100 euro all’ora) per i tempi di carico e scarico dei camion oltre i 90 minuti, controlli sui ritardi di pagamento oltre i 60 giorni affidati all’Antitrust, e 12 milioni di euro per il rinnovo del parco mezzi pesanti tra 2025 e 2026. Si tratta di nuovi sussidi al trasporto su gomma che si aggiungono agli sconti dei pedaggi autostradali e alla riduzione delle accise sul carburante.
Sorprendentemente il ministero ha allacciato un rapporto con una società privata di consulenza come supporto alla visione della logistica del Paese, autorizzando la spesa di 4,2 milioni di euro nel triennio per “gli atti convenzionali da stipulare tra la società privata RAM – Logistica, Infrastrutture e Trasporti S.p.A. e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti” recita il decreto legge. Ancora una volta il Ministero, anziché potenziare se stesso, preferisce esternalizzare competenze che non rientreranno mai più.