Omolesbobitransfobia, “in Italia essere una persona trans significa essere un imprevisto”. “Tutta la comunità lgbt è attaccata”

Mentre l’amministrazione Trump intensifica come mai prima la sua offensiva legislativa contro le persone transgender, anche in Europa il clima sui diritti LGBTQIA+ si fa più teso. Secondo l’ultimo report di ILGA-Europe – l’organizzazione riconosciuta da Unione Europea e Nazioni Unite che monitora il livello di parità giuridica e sociale in Europa e Asia centrale – l’Italia è al 35° posto su 49 Paesi per tutele legali ed effettive contro discriminazioni e violenze. Saliamo di una posizione rispetto all’anno scorso, ma il risultato resta il più basso tra i Paesi fondatori dell’UE, meno di due punti percentuali dall’Ungheria di Viktor Orbán (23%) nella scala da 1 a 100 sulla piena uguaglianza delle persone Lgbtqia+. A colpire le associazioni è anche il sorpasso di diversi Paesi dell’Est e dei Balcani, che fanno segnare progressi maggiori. Una situazione che non sorprende chi, da anni, denuncia il vuoto normativo e l’assenza di politiche strutturate per le persone della comunità LGBTQIA+, in particolare per le persone trans.
In occasione della Giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia, oggi 17 maggio, il responsabile nazionale politiche trans* di Argigay, Christian Leonardo Cristalli, dichiara: “Non viviamo più. Abbiamo paura. Stiamo solo sopravvivendo”.
Un quadro raccontato dal report, che segnala un preoccupante aumento di retoriche ostili e attacchi istituzionali, spesso partiti dai vertici di governo. Un episodio, denunciato da ILGA, è la richiesta del senatore Maurizio Gasparri di un’indagine — poi effettivamente aperta dal ministero della Salute — sull’ospedale Careggi di Firenze, unico in Italia a offrire percorsi di transizione per minori con il consenso delle famiglie. Poco dopo, il servizio è stato smantellato. “Ora un tavolo ministeriale ne deciderà il futuro, ma senza di noi. Ci sono solo persone scelte dal governo. E sappiamo già come finirà” protesta Cristalli. E non si tratta solo di sanità. Il report elenca numerosi episodi, dalle dichiarazioni della ministra Eugenia Roccella contro una risoluzione Ue a favore delle persone LGBTQIA+ — definita “ideologica” — alle pressioni politiche sull’Università Roma Tre, accusata di “promuovere l’ideologia gender” dopo un progetto rivolto a bambini transgender. “Siamo in grossa difficoltà con un governo che affida le Pari Opportunità a chi ha militato in associazioni come Pro Vita, che parlano delle nostre vite come se fossero teorie astratte. Ma siamo persone, con corpi e diritti”, denuncia ancora Cristalli.
A questo clima si aggiunge la mancanza dei servizi pubblici. “Dal 2020 esistono linee guida AIFA che impongono équipe multidisciplinari per i percorsi di transizione, ma queste équipe non esistono nella maggior parte del Paese. In regioni come Abruzzo, Molise e Calabria, non c’è nulla. E anche dove esistono, come in Emilia-Romagna, bisogna prenotare mesi prima una visita per non restare senza ormoni”, denuncia. Secondo Cristalli “essere una persona trans in Italia significa essere un imprevisto: il sistema sanitario non ti prevede. E per esistere legalmente serve ancora una diagnosi psichiatrica di ‘disforia di genere’, che ti obbliga a restare bloccato per anni. In Spagna o Malta, Paesi anche cattolici, questo non succede più”. Il risultato è un deterioramento della salute mentale secondo Cristalli: “Lo stress, l’ansia, l’autolesionismo e l’ideazione suicidaria sono in aumento. E i dati ufficiali non fotografano tutto: mancano i numeri sui suicidi, che spesso non vengono nemmeno registrati. È un tema enorme”.
A confermare il peggioramento è anche Anna Maria Fisichella, vicepresidente di AGEDO, l’associazione di genitori, parenti e amici di persone LGBTQIA+: “In questo momento in Italia, anche quei pochi centri per la transizione che funzionavano, non funzionano quasi più. Il pubblico è praticamente sparito: quello che resta è oberato di richieste. Esiste solo il privato”. “La comunità transgender è oggi la più attaccata. Ogni volta che arriva un nuovo governo di destra nel mondo, la prima cosa che fa è sferrare provvedimenti contro le persone transgender. Sembra quasi che tutti i mali del mondo derivino da loro”, prosegue Fisichella. “Ma in generale è tutta la comunità a essere attaccata. Le aggressioni omofobe sono aumentate in modo spaventoso. Apro i social ogni giorno e leggo di ragazzi picchiati solo perché si tengono per mano. Ragazze a cui non viene affittata una casa perché sono una coppia lesbica. Storie che, fino a qualche anno fa, non sentivo con questa frequenza”.
Paure, queste, alimentate anche dal governo, secondo Cristalli: “Non ci si sente al sicuro con un governo del genere. È già tanto se non tagliano completamente i fondi ai centri antidiscriminazione. Parliamo di luoghi dove ci sono persone pagate per offrire ascolto, orientamento al lavoro… ma non sono nemmeno case rifugio. È già tanto se si rinnovano quei finanziamenti”. “I dati sono chiari. L’Italia è arancione nella mappa dei diritti LGBTQIA+, mentre l’area balcanica è verde. Significa che qui è più difficile essere persone LGBTQIA+ rispetto ad altri Paesi. E questo si traduce in un vivere costantemente con la paura” sottolinea Cristalli.
Proprio per questo, in occasione della Giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia, la comunità LGBTQIA+ e i suoi alleati scenderanno in piazza a Roma. La manifestazione, organizzata da numerose associazioni riunite nel percorso “La strada dei diritti”, porta uno slogan che è anche un monito: “Vennero a prendere me e c’eravamo tuttə”. Un invito all’unità e alla mobilitazione collettiva, in un momento che molte realtà definiscono critico. “La manifestazione nasce dalla volontà di unirci, di creare una piattaforma condivisa tra associazioni grandi e piccole per combattere in un momento in cui l’esistenza della comunità LGBTQIA+, in particolare delle persone transgender, è messa in pericolo e in discussione”, spiega Fisichella.
A fare da sfondo, un contesto internazionale sempre più segnato da ostilità e derive autoritarie. “Stiamo in mezzo a due totalitarismi: da una parte quello che succede in Russia, dall’altra Trump e gli Stati Uniti – sostiene Cristalli. – In Europa si sente questa pressione: in Inghilterra una sentenza ha messo in discussione l’esistenza delle persone transgender, in Ungheria si vietano i Pride. E noi la sentiamo addosso. Non è solo una questione di diritti civili, è questione di sopravvivenza. Per questo è fondamentale occupare lo spazio pubblico: serve una risposta collettiva e visibile”. Una minaccia che, secondo Fisichella, ha anche sdoganato l’odio a livello globale: “Tutte queste discriminazioni sono state legittimate. Trump ha tirato fuori l’odio, l’omofobia e il razzismo che c’è in ognuno, e li ha amplificati. Ma ha anche rafforzato le persone civili, che oggi sono più convinte a scendere in piazza”.
Il messaggio lanciato nella giornata contro l’omolesbobitransfobia è chiaro: non si tratta solo di difendere rivendicazioni individuali, ma di riaffermare un principio collettivo di giustizia e uguaglianza. “Come diceva Gino Strada: se un diritto non è per tutti, allora non è un diritto, è un privilegio. Noi crediamo che i diritti o sono per tutti, o non sono diritti”, ricorda Fisichella. A fare da filo conduttore della mobilitazione è anche un monito tratto dalla storia: “‘Questa volta hanno perso tutti’. È una frase tratta dal sermone del pastore luterano Martin Niemöller. Parla dell’urgenza di difendere chi è colpito, prima che tocchi anche a noi”, conclude.