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Se i bimbi in visita alla moschea fossero andati in sinagoga, si sarebbe sollevato lo stesso polverone?

Credo che non serva aggiungere commenti in difesa delle maestre venete. Basta questo semplice interrogativo
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“Extra omnes e Inshallah. L’asilo che prega in moschea fa ridere” (Il Foglio, 6 maggio). “Sui bimbi in moschea il Pd si spacca. Fdi e Lega: E’ indottrinamento” (La Verità, 6 maggio). “Crescono le violenze degli stranieri ma i bimbi vanno a lezione dall’Imam” (La Verità, 5 maggio). “A lezione di Corano” (Libero, 5 maggio). Sono i titoli dei quotidiani di destra sulla vicenda della scuola dell’infanzia paritaria (cattolica) di Ponte Priula, in Veneto, accusati dai politici al governo di aver portato dei bambini in una moschea, di aver parlato con un imam, di aver approfondito la religione islamica, di aver fatto “un compito di realtà” – ovvero capire come avviene una preghiera per Allah.

Nulla di segreto, tant’è che gli insegnanti hanno pubblicato una fotografia dell’iniziativa sui social con questo commento: “Questa mattina siamo stati accolti dall’Imam nella moschea di Susegana… è stata un’esperienza davvero emozionante. Ci siamo tolti le scarpe, le maestre hanno indossato un velo e siamo entrati in una grande stanza dove per terra c’era un enorme tappeto rosso con alcune strisce bianche dove ci si mette per pregare. L’imam ci ha spiegato che la religione musulmana si fonda su 5 pilastri e ci ha detto che loro pregano 5 volte al giorno (ci abbiamo anche provato). Già in occasione della festa per la fine del Ramadan Shevala, mamma di Bilal, ha letto un libro che spiega ai bambini cos’è e cosa si fa durante il Ramadan. Grazie di cuore all’Imam che ci ha aperto le porte della moschea e ci ha accolto con rispetto, amicizia ed entusiasmo”.

Apriti cielo! L’eurodeputata Anna Maria Cisint della Lega ha parlato di “scelta agghiacciante e gravissima”. Inutile citare Salvini e scontato dire che il ministro leghista dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha fatto intervenire il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, il leghista Marco Bussetti (ex ministro) inviando la consueta ispezione. Ma anche il “buon” presidente Luca Zaia ha detto: “E’ stato superato il limite. Va rispettata la fede religiosa di chiunque. Immagino che molti di questi bambini provengano da famiglie cattoliche. Si è mancato loro di rispetto. Non si è rispettato l’aspetto identitario. Se tu ti dichiari cattolico ma anche se ti dichiari ateo, comunque la tua identità ha profonde radici cristiane. Non può essere violata o cancellata. Dal punto di vista formativo questi sono bambini nell’età dell’imprinting. Assorbono tutto. Ricordano e ne sono condizionati tutta la vita”.

Ora, faccio una domanda a tutti questi “esperti” di pedagogia: ma se invece di andare in moschea, i bambini di Ponte Priula fossero andati in una sinagoga, avessero incontrato un rabbino e indossato la kippah, cosa avreste detto? Si sarebbero fatti gli stessi titoli? Credo che non serva aggiungere commenti in difesa delle maestre venete. Basta questo semplice interrogativo.

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