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Invalsi: visto che l’indifferenza degli studenti non importa a nessuno, parliamo di quanto ci costa

Ciò che avviene al centro dell’Impero non può restare celato in un criptico bilancio pubblicato tra le “righe” di un sito
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Questa settimana tornano i test Invalsi alla scuola primaria. Ancora una volta – purtroppo – a protestare contro questa imposizione di Stato (in questo caso l’assenso dei genitori non è richiesto) sono solo il Sindacato di Base e i Cobas che hanno proclamato uno sciopero. E’ ormai inutile ricordare che questo sistema di valutazione del sistema d’istruzione non produce alcun cambiamento nella didattica, perché come ha più volte ribadito il presidente di Invalsi: “L’Istituto è solo l’Istat della Scuola”.

Si tratta di un meccanismo inficiato banalmente dall’indifferenza degli studenti delle secondarie che, obbligati a subire i test, rispondono a caso. Una macchina che non coinvolge le famiglie tanto care proprio al Governo di Destra. E allora se parlare di tutto ciò non serve a smuovere le coscienze parliamo dei costi. Non so quanti siano andati a vedere il bilancio dell’Invalsi. Le uscite complessive considerate ammontano a 28.408.513,70 euro. Come vengono spesi questi denari versati dai contribuenti?

Bisogna spulciare il bilancio per tentare di capire. Solo il presidente Ricci guadagna 31.866,00 annui, ovvero 2.655 al mese. Gli stipendi corrisposti al personale a tempo indeterminato ammontano a 4.310.711,00. Accanto a queste figure c’è un consiglio scientifico composto da quattro persone che viene pagato 6.373,00 euro. Tra le voci emerge acquisto di beni pari a 197.309,00 e a 10.151.034,12 euro. Tra i numeri spuntano 44.000,00 per incarichi a società di studi, ricerca e consulenza e 4.814,00 per incarichi professionali. Trentamila euro vanno ai rimborsi (per cosa non si sa) degli organi istituzionali dell’amministrazione e 28mila per la rassegna stampa. Oltre a quest’ultima l’Invalsi acquista per 10.900,00 giornali e riviste (non si sa quali). Inutile fare domande a Ricci su questi numeri: nessuna risposta. “I dati che lei chiede vanno di là del dovere dell’istituto di entrare nel minimo dei dettagli. Non c’è alcuna volontà di essere opachi ma è la Legge a stabilire il grado di leggibilità. Ciò che è accessibile è a disposizione. E’ come se io le chiedessi ragione di alcune sue spese…noi rendiamo conto solo a chi la norma la prescrive”.

Nessuno mette in dubbio il lavoro dell’imponente ed elefantiaca macchina dell’Invalsi ma – visto che si tratta di un ente pubblico soggetto alla vigilanza del ministero della Pubblica Istruzione – ci piacerebbe sapere dove vanno i nostri soldi. Nessuno ha intenzione di gridare “Roma ladrona” come faceva la Lega di bossiana memoria prima di sbarcare in Parlamento, ma ciò che avviene al centro dell’Impero non può restare celato in un criptico bilancio pubblicato tra le “righe” di un sito.

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