Da oggi nella nostre scuole primarie va in scena la più grande sceneggiata all’italiana: i test Invalsi, le rilevazioni nazionali degli apprendimenti in italiano, matematica e inglese. Una vera e propria messa in scena a cui da anni sono costretti a partecipare i docenti italiani senza possibilità di scampo se non un giorno di sciopero promosso da Cobas Scuola il 5 maggio. I test Invalsi sono un bluff italico per più ragioni.

1. La prima: da anni Invalsi misura la temperatura del malato ma nessuno fa nulla per curare la malattia. I dati di quest’anno saranno presentati – come sempre – quest’estate ma già ora potrei fare la sibilla cumana e dirvi ciò che diranno.

2. La seconda: i primi a non credere nell’Invalsi sono i protagonisti della scuola italiana, gli insegnanti. Pochi di loro sono convinti di ciò che stanno facendo ma sono obbligati a “somministrare” i test, perché rientrano nel loro orario di lavoro. Non solo. Sono costretti a correggerli, spesso fuori l’orario di lavoro senza alcun compenso accessorio, per non opporsi alla volontà del dirigente scolastico che deve mostrare all’ufficio scolastico provinciale e regionale e quindi al ministero che nella sua scuola viene tutto fatto regolarmente come il potere vuole. A questo punto c’è chi per mesi addestra i ragazzini a fare prove dei test per mostrare al preside che la sua classe “va bene” e altri insegnanti che inficiano i test, aiutando palesemente e consciamente gli alunni a fare le prove. A opporsi sono una minoranza (tra cui io) che nemmeno può scioperare per tutti i tre giorni delle prove perché ciascuna azione di sciopero, anche se trattasi di sciopero breve o di sciopero generale, non può superare, per ciascun ordine e grado di scuola, i due giorni consecutivi e tra un’azione e la successiva deve intercorrere un intervallo di tempo non inferiore a sette giorni.

Chiaramente le date delle prove sono fissate in modo da inficiare qualsiasi azione di sciopero consecutivo: infatti sono il 3, il 5 e il 9 maggio. Da sottolineare che i Cobas sono gli unici a scioperare: gli altri sindacati, ormai da anni, non difendono i lavoratori ma hanno scelto un colpevole mutismo sull’Invalsi.

3. La terza: “Alle medie ce le fecero fare per la prima volta sul personal computer. Ci dissero solo che non valevano per il voto, quindi non c’era bisogno di studiare. Allora perché non mettere risposte a caso?”. Così mi hanno detto un gruppo di ragazzi. Gli studenti italiani non sono coinvolti in questo processo ma lo devono subire. Risultato? Gli studenti, soprattutto delle secondarie, si sono “attrezzati”.

4. L’ultima ragione per dire che l’Invalsi è una pagliacciata: a subire i test Invalsi sono anche i genitori. Spesso non ne sanno nulla, non hanno mai preso in mano una prova dei figli ma li mandano a scuola perché “così fan tutti”. Altri non seguono nemmeno i risultati. D’altro canto, i presidi (primi colpevoli di questa sceneggiata tutta italiana con assurdi costi) non coinvolgono i genitori. Rari i casi dei genitori che tengono a casa i figli nel giorno dell’Invalsi. Più facile, invece, trovare chi crede che quel test sia obbligatorio.

Ombretta Colli cantava: “Facciamo finta che tutto va ben / Che il cielo sia costantemente azzurro / che il sole splenda sempre allegramente / che tutto quanto sia sempre sereno/ Ruscelli, prati verdi e arcobaleno….”.

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