Il mondo FQ

Nel settore della moda c’è chi ci rimette la pelle: una proposta per la signora Prada

"Chi ancora, nel 2025, ha bisogno di indossare la pelle di animali selvatici morti per sentirsi carino?"
Nel settore della moda c’è chi ci rimette la pelle: una proposta per la signora Prada
Icona dei commenti Commenti

di Arianna Porcelli Safonov*

Recentemente, in occasione dell’assemblea annuale degli azionisti del Gruppo Prada, ho collaborato con Peta per inviare un messaggio speciale alla dottoressa Miuccia Prada. Il messaggio è semplice: chi ancora, nel 2025, ha bisogno di indossare la pelle di animali selvatici morti per sentirsi carino?

Nonostante a Prada siano state fornite informazioni sulla crudeltà sistemica del settore delle pelli esotiche – e in realtà oggi queste informazioni sono disponibili a chiunque online – l’azienda continua a sostenere questo commercio disumano. Assieme a Peta ci siamo quindi chiesti: esiste una soluzione per cambiare rotta immediatamente? La risposta è sì, ma bisogna volere e sapere.

Video thumbnail

La nostra proposta per la signora Prada è di riunirci assieme a lei estendendo l’invito ad alcuni dei suoi clienti più prestigiosi, al Cinema Godard, di proprietà della Fondazione Prada, e proiettare alcuni dei filmati investigativi girati da Peta. Tutti potranno finalmente guardare un’inchiesta di Peta Asia sui macelli in Indonesia, che mostra serpenti gonfiati d’acqua, presi a martellate e tagliati con rasoi, mentre sono probabilmente ancora vivi. Potrà vedere con i suoi occhi come i lavoratori dell’industria della moda aprono il collo dei coccodrilli e infilano barre di metallo lungo la loro spina dorsale, tagliano la testa di lucertole vive con i machete e stordiscono elettricamente struzzi di appena un anno prima di sgozzarli davanti ai loro compagni di branco terrorizzati – quest’ultimo caso, mi informa la Peta, è accaduto presso fornitori di Prada.

E se qualcuno avesse l’ardire di pensare che si tratti di “qualche mela marcia”, rimarrà deluso: sono metodi standard ampiamente utilizzati nel settore. Al termine della proiezione, sarebbe utile aprire un dibattito con la signora Prada per sapere davvero cosa ne pensa, se secondo lei ne valga la pena. Al dibattito potrebbe partecipare anche il pubblico, sempre che sia ancora in sala e non sia scappato in lacrime.

Sebbene non mi occupi di marketing, ho la sensazione che il mondo della moda si stia spontaneamente allontanando da queste pratiche crudeli. Molti dei marchi di moda più rinomati – da Chanel e Balenciaga a Diane von Furstenberg e Burberry – si rifiutano di lavorare con pelli di animali selvatici. Le settimane della moda di Londra, Copenaghen, Helsinki e altre ancora le hanno bandite dalle passerelle, consapevoli che il futuro della moda risieda nell’uso informato e consapevole di materiali che non comportino la morte violenta di animali selvatici.

Questi animali, che se incontriamo in natura spesso temiamo, ci fanno anche un po’ schifo ma poi accettiamo che vengano uccisi a migliaia per diventare scarpe e borse che indosseremo senza più paura, visto che sono diventati innocui, appartengono a un mondo di grande fascino, molto più affascinante della moda! I serpenti sono in grado di fare amicizia, gli struzzi nutrono i loro cuccioli fino a tre anni e i coccodrilli sono madri amorevoli che proteggono le loro uova dai predatori, a qualunque costo. Una volta che ci rendiamo conto che tutti questi animali hanno la stessa capacità di provare gioia, paura, amore e dolore dei cani e dei gatti con cui condividiamo le nostre case, diventa molto più difficile giustificare il fatto di farli a pezzi, gonfiarli d’acqua o decapitarli per un must-have di lusso.

Spero davvero che Prada e altre case di moda scelgano di relegare per sempre questo tipo di sfruttamento animale al loro passato. Ma come consumatori abbiamo potere e non abbiamo bisogno di aspettare che i brand facciano la scelta giusta. Ci scordiamo spesso che possiamo scegliere cosa acquistare, rifiutare di acquistare articoli realizzati con pelli di animali selvatici, fare scelte consapevoli, optando per materiali di origine vegetale che non comportino lo sfruttamento e la sofferenza degli animali e soprattutto considerare le nostre scelte di consumo un potere, piuttosto che una schiavitù.

Gli animali non possono parlare, ma sono convinta che siano molto più cool di tanti esseri umani e soprattutto che non sia tra le loro priorità diventare borse.

*Scrittrice satirica

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione