“Non solo Harvard: Trump userà l’antisemitismo per colpire la University of California, baluardo dell’istruzione pubblica”

Claudio Fogu è professore ordinario alla University of California, Santa Barbara, dove dirige il Dipartimento di Francese e Italiano. E’ uno dei due italiani finiti nelle liste di Canary Mission, una delle organizzazioni ebraiche di estrema destra che compilano schedature con i nomi, le foto e il luogo di residenza di centinaia di docenti, studenti e professionisti che protestano nei campus americani e nelle manifestazioni pubbliche contro la guerra a Gaza e le politiche di Donald Trump. Fogu è anche presidente della University of California Santa Barbara Faculty Association e membro del direttivo del Council of University of California Faculty Associations che riunisce tutte le faculty associations, organizzazioni che difendono le condizioni di lavoro degli accademici, dei dieci campus dell’ateneo.
Che effetto fa essere finito nella lista di Canary Mission?
Appoggiando il movimento Boycott, Divestment and Sanctions, il mio nome è in questa lista da almeno 10 anni. Le campagne di doxing messe in atto per screditare chi appoggia politiche universitarie che propongono soluzioni del conflitto diverse da quelle promosse da Israele vanno avanti da tempo. Queste schedature sono una ferita inferta al sistema universitario americano.
E’ cambiato qualcosa con il ritorno di Trump alla Casa Bianca?
A gennaio l’American Historical Association, la più grande organizzazione di storici del Paese, ha approvato una risoluzione che condanna la guerra israeliana a Gaza sostenendo che la distruzione delle infrastrutture educative della Striscia equivale a uno “scolasticidio”. La dichiarazione è stata poi ritirata dal consiglio e da lì è nato un momento di grande supporto alla causa palestinese di fronte al quale Canary Mission e altre associazioni simili si sono mobilitate. L’inizio della campagna di Trump contro le università ha portato queste organizzazioni a comunicare i nomi di chi protestava all’ufficio di Marco Rubio (il segretario di Stato, ndr). Gli studenti della Columbia arrestati nelle ultime settimane erano stati segnalati da Canary.
Le associazioni, Betar US in primis, dichiarato hanno detto di aver consegnato “centinaia di nomi” all’ICE, l’agenzia federale responsabile dell’immigrazione. Il governo non ha confermato.
Le persone arrestate erano tra i capi delle proteste e in questo momento è in atto una vasta campagna di ritiro dei visti a centinaia di studenti accusati di aver partecipato alle manifestazioni a livello più basso. Che ci sia una volontà di coordinamento è evidente. Ora queste liste vengono weaponised, usate come armi dalle istituzioni.
I casi di Harvard e della Columbia sono un memento anche per le altre università?
Ci sono tutti gli elementi per ritenere che, come accaduto ad Harvard e alla Columbia, la questione dell’antisemitismo sarà utilizzata per attaccare anche l’Università della California. In questi mesi nei campus è cresciuta la spinta verso tematiche pro-Pal, mentre i gruppi sionisti hanno aumentato le loro pressioni e cominciano a essere ascoltati dai vertici dell’istituto. L’amministrazione Trump ha chiesto all’università attraverso la EEOC (Equal Employment Opportunity Commission, agenzia federale incaricata di far rispettare le leggi contro la discriminazione sul posto di lavoro, ndr) nomi, numeri di telefono e contatti dei docenti che, dopo l’inizio degli scontri nel 2023, avevano firmato due lettere in cui si erano dichiarati preoccupati che all’interno dei campus potesse nascere un clima antisemita. E l’università ha fornito al governo questi dati.
Anche l’Università della California è nel mirino, quindi?
Harvard e Columbia sono private. La prima si è opposta alle richieste dell’amministrazione, la seconda ha ceduto. Ora si vuole colpire la University of California perché è molto grande con i suoi 10 campus, è l’ateneo più importante dello Stato e soprattutto la più insigne delle università pubbliche che beneficiano di fondi statali. Far cedere la UCLA, finora un baluardo dell’istruzione pubblica, per Washington sarebbe un risultato ideologico fondamentale per spostare l’asse del sistema verso il privato. Non dimentichiamo che Trump possedeva una sua università privata e quando fu chiusa per una lunga serie di irregolarità se l’è legata al dito.
L’impressione è che questa amministrazione stia cercando di spostare l’intero asse culturale del paese verso destra.
E’ già accaduto. Per secoli l’America ha guardato all’Europa come alla propria culla, all’origine delle proprie istituzioni, della propria civiltà. Ora la destra che è salita al potere propugna come proprio vessillo il nativismo e nazionalismo americano. Questa classe dirigente ultra-conservatrice vede gli Stati Uniti come una nazione che ha il diritto di fare di sé la guida del mondo senza debiti verso nessun altro, tantomeno verso l’Europa. La stretta culturale è già iniziata. Oltre all’attacco frontale portato alla cultura ‘woke’, DEI (diversity, equity, and inclusion, ndr) e ad altri orientamenti come la critical race theory, è già in atto da molto tempo un embargo sull’impostazione umanistica e critica propria del pensiero europeo.
Lei ricevuto minacce da quando è stato schedato da Canary Mission?
No, sono un pesce troppo piccolo, in più sono difeso dal fatto che ho la cittadinanza americana. Io lavoro per favorire la sindacalizzazione dei docenti, non sono concentrato su attività pro-palestinesi. Inoltre sono un professore ordinario, mentre molti altri colleghi meno garantiti temono per la loro carriera. Per ora hanno cominciato a colpire le persone che si sono esposte in maniera più evidente.