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I poveri aumentano, il centro per senza dimora a Torino non regge più: “Dobbiamo chiudere, spazi e soldi non bastano”

Nella struttura passano fino a 200 persone al giorno: nel 2024 sono stati 27mila contro i 21mila dell'anno prima. "Questo posto è stato un miracolo per me e si sta spegnendo". L'associazione Opportunanda: "Speriamo che qualcuno possa raccogliere il testimone"
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Da oltre vent’anni, l’associazione Opportunanda gestisce il centro diurno per persone senza fissa dimora nel quartiere di San Salvario, a Torino. Un luogo di “tregua e riposo” che ha visto oltre 27mila passaggi nel 2024. Seimila in più rispetto all’anno precedente. “Del resto la povertà è in aumento e noi lo vediamo tutti giorni” racconta Gabriella, una delle storiche volontarie dell’associazione. Ma a fine mese lo spazio dovrà chiudere.

“ Siamo arrivati al massimo delle nostre possibilità – commenta il presidente Carlo Saccani – lo spazio è troppo piccolo per tutti questi nuovi bisogni e il gruppo dei volontari ha fatto il suo ciclo dunque a malincuore il progetto per ora finisce qua”. Il centro dunque non chiude per mancanza di utenti, anzi. Ogni giorno passano di qui dalle centocinquanta alle duecento persone. Chi per una chiacchiera, chi per lasciare lo zaino, chi per ricevere un aiuto per rivolgersi ai servizi sociali o a quelli medici. Qui si può entrare senza una prenotazione e senza documenti.

“Questo posto è stato un miracolo per me, un miracolo che adesso si sta spegnendo – racconta Jennifer, una delle persone che frequenta il centro – qui hai una spalla, un supporto, una chiacchiera, non devi stare per forza tutto il giorno in mezzo alla strada”. Uno spazio che ha vissuto grazie all’impegno di un nucleo storico di volontari e grazie anche ad alcuni contributi pubblici da parte delle istituzioni. Contributi però che non sono bastati a tenerlo in vita.

“Il nostro approccio è stato quello di non volerci sostituire alle istituzioni – aggiunge Saccani – ma la nostra ottica è stata quella di un impegno civile, un dovere civico di prendersi cura di una fascia di popolazione che ha bisogno perché è emarginata”. Un approccio che parte dal riconoscimento della “persona”, prima di tutto. “In questi anni abbiamo dimostrato che un posto così è fondamentale e indispensabile” racconta il presidente di Opportunanda che ha voluto organizzare venerdì pomeriggio una festa di chiusura insieme a tutti quelli che in questi oltre vent’anni hanno camminato insieme all’associazione. La speranza è quella che qualcuno “possa raccogliere il nostro testimone”.

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