Dazi Usa, il sospetto sulla formula usata da Trump: “Prodotta con chat Gpt”. Ma la Ai è più saggia
Il sospetto è nato già il 2 aprile, nelle ore successive all’annuncio di Donald Trump sui dazi reciproci senza precedenti imposti a quasi tutti i partner commerciali. Davanti alla formula dozzinale utilizzata per calcolare le presunte barriere applicate dagli altri Paesi alle merci Usa, molti osservatori hanno notato che è molto simile a quella che ChatGPT, Grok e altri modelli di intelligenza artificiale restituiscono a chi chiede come impostare una politica tariffaria mirata a ridurre il deficit commerciale del proprio Paese. L’ipotesi nel frattempo – mentre le Borse mondiali precipitavano e il dollaro perdeva terreno – ha preso piede.
Un rapido esperimento con ChatGPT aiuta a capire cosa sarebbe successo se davvero la Casa Bianca si fosse rivolta a un chatbot per mettere a punto dazi reciproci in linea con la filosofia di Trump, convinto contro ogni evidenza economica che il disavanzo della bilancia commerciale statunitense sia il frutto di politiche scorrette adottate dagli altri Paesi. Proviamo allora a chiedere allo strumento di OpenAI “quale formula potrebbero utilizzare gli Stati Uniti per calcolare il livello di dazi da imporre agli altri paesi per azzerare il proprio deficit commerciale”. La risposta somiglia da vicino alla formula apparentemente pomposa ufficializzata dall’Office of the U.S. Trade representative. Ma è accompagnata da una serie di avvertimenti.
“Gli Stati Uniti potrebbero adottare una formula teorica che tenga conto della relazione tra importazioni, esportazioni e elasticità della domanda e dell’offerta”, suggerisce il chatbot, salvo far presente che però “nella realtà economica globale, un simile calcolo è molto complesso e gli effetti di un aumento dei dazi non sono lineari né garantiti“. Ma vediamo la formula: l’aliquota del dazio (vedi sotto) proposta da ChatGPT è pari al rapporto tra disavanzo commerciale e importazioni moltiplicate per l’elasticità della domanda, che misura la sensibilità degli acquirenti al prezzo dicendo di quanto calerebbe l’import all’aumentare del suo costo. Grok e Gemini danno risposte sovrapponibili.

Si tratta esattamente del calcolo fatto dai consiglieri del presidente per arrivare a quella che ritengono una approssimazione dell’effetto delle misure protezionistiche imposte dai partner a danno delle aziende Usa. Valore che per la Ue arriva per esempio al 39%, circa 33 punti sopra il livello medio dei reali dazi imposti al Vecchio continente sulle merci statunitensi. Quella cifra è stata poi dimezzata (perché Trump ha detto di voler essere “indulgente“) e così si è arrivati alla tariffa del 20% che scatterà da mercoledì sull’import dalla Ue.
Osservando la formula utilizzata dalla Casa Bianca (vedi sotto) si nota che nell’equazione entra un’altra lettera, la fi greca (φ), che indica l’impatto dei dazi sui prezzi. Ovvero di quanto i consumatori vedranno rincarare i prodotti importati per colpa dei dazi. Si tratta quindi di un calcolo più sofisticato? In realtà è un’illusione ottica: portando a sostegno studi che dicono cose ben diverse, l’amministrazione Trump ha infatti ipotizzato che l’elasticità delle importazioni al prezzo (ε) sia pari a 4 e l’impatto dei dazi sui prezzi pari a un bassissimo 0,25, cioè 1/4. Come è facile capire, moltiplicando i due fattori il risultato è 1. Quel che resta, quindi, è la formula di ChatGPT, ancora più semplificata: deficit commerciale diviso importazioni.

Ma c’è un’altra macroscopica differenza: ChatGPT sembra avere ben presente che costringere le aziende a spostare la produzione oltreoceano per non pagare i dazi e imporre balzelli pure ai gruppi nazionali che hanno delocalizzato parte della catena produttiva non è a costo zero e comporta diversi rischi.
Infatti subito dopo elenca una serie di “limiti pratici“: le probabile rappresaglie commerciali degli altri Stati, il boomerang rappresentato dai danni creati alle catene di approvvigionamento interne, l’aumento dell’inflazione. Quando le si chiede una simulazione numerica con i reali dati su import e export degli Usa, ChatGPT assennatamente aggiunge che “le esportazioni probabilmente calerebbero per via delle contromisure”, “le catene di approvvigionamento USA (che dipendono da input esteri) ne risentirebbero, “le imprese e i consumatori pagherebbero di più”. Caveat che al momento non sembrano turbare Trump.

articolo aggiornato dall’autore alle 20:40 del 6 aprile