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Leucemia linfoblastica acuta di tipo B, trattamento con le cellule Car-Cik “migliora sopravvivenza di pazienti”

Lo conferma uno studio clinico condotto dalla Fondazione Tettamanti e dall’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo i cui risultati sono stati pubblicati su Blood Cancer Journal (Nature)
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Un nuovo passo avanti della ricerca nell’ambito dei tumori del sangue. Un trattamento a base di cellule del sistema immunitario modificate per riconoscere il tumore (Car-Cik) si è dimostrato sicuro e capace di migliorare la sopravvivenza di pazienti con leucemia linfoblastica acuta di tipo B che erano andati incontro a ricaduta dopo il trapianto di cellule staminali ematopoietiche e che non avevano altre opzioni terapeutiche efficaci. Lo conferma uno studio clinico condotto dalla Fondazione Tettamanti e dall’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo i cui risultati sono stati pubblicati su Blood Cancer Journal (Nature).

Le cellule Car-Cik sono realizzata prelevando i linfociti T -, cellule del sistema immunitario – da un donatore compatibile con il paziente e modificandoli geneticamente in laboratorio affinché possano avere sulla loro superficie delle proteine capaci di riconoscere le cellule tumorali. “Nel corso degli ultimi anni, i risultati terapeutici nella leucemia acuta linfoblastica hanno registrato progressi formidabili. Tuttavia, una quota ancora significativa di pazienti ha necessità di un trapianto di cellule staminali allogeniche dopo il quale, si deve ancora registrare una recidiva di malattia nel 20-40% dei casi”, illustra Alessandro Rambaldi, direttore del dipartimento di Oncologia ed ematologia dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Nella sperimentazione, il trattamento con cellule Car-Cik è stato utilizzato in questa tipologia di pazienti (36 in tutto), nell’ambito di tre protocolli scientifici autorizzati dall’Agenzia Italiana del Farmaco. Il trattamento non ha mostrato problemi di sicurezza: in nessuno dei pazienti, per esempio, si è verificata la malattia del trapianto contro l’ospite. Buona anche l’efficacia: i ricercatori hanno osservato una remissione di malattia nell’83% dei casi, con una sopravvivenza generale del 57% a un anno dal trattamento, con circa un terzo dei pazienti che non mostrava nessun segno di ripresa della malattia. “Questo studio è il risultato di un percorso di ricerca accademico che in soli dieci anni ha permesso l’ideazione, lo sviluppo pre-clinico e la sperimentazione con successo sui pazienti di un nuovo approccio terapeutico per forme di leucemia molto aggressive negli adulti e nei bambini”, conclude Andrea Biondi, direttore scientifico della Fondazione Tettamanti.

Lo studio

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