“La transizione ecologica è necessaria”: cosa dicono gli agricoltori un anno dopo la protesta dei trattori | Il report di More in Common
A un anno dalle proteste dei trattori che hanno paralizzato l’Europa e la cui strumentalizzazione ha contribuito ad abbassare l’ambizione rispetto agli obiettivi del Green Deal, per gli agricoltori la transizione ecologica resta invece “necessaria”, mentre il cambiamento climatico è la “prima preoccupazione”. L’organizzazione internazionale More in Common, che si occupa di ricerca sociale, ha intervistato 600 agricoltori e allevatori di tutta Italia, mettendo in luce quali sono davvero le mancanze, le esigenze e le preoccupazioni di questo settore. Il risultato dell’indagine è il report Europe Talks Farming dal quale emerge che per quasi due terzi dei manager di aziende agricole italiane la transizione ecologica è ormai diventata una necessità da affrontare, mentre per uno su quattro è un’opportunità da cogliere. Il cambiamento climatico è infatti la prima preoccupazione (lo è per il 22% degli intervistati), seguito da una serie di sfide di natura economica, come l’aumento dei prezzi dei fattori di produzione e delle attrezzature (15%), i bassi prezzi pagati all’agricoltore dagli altri operatori della filiera, come i distributori (14%, con una maggiore percentuale tra gli over 65), la diminuzione del reddito (12%), l’instabilità del mercato e la fluttuazione dei prezzi (9%). E poi c’è l’eccessiva burocrazia, priorità per l’8% degli intervistati.
Il clima, tra consapevolezza e negazionismo
Gli agricoltori e allevatori che si ritengono molto o abbastanza preoccupati per i cambiamenti climatici sono l’82%. Il livello di preoccupazione è maggiore nel Sud e nelle Isole, dove riguarda l’87% degli intervistati (contro il 64% del Nord-ovest), e tra le donne (94%). La maggior parte di di chi ha o è in procinto di avere certificazioni biologiche si ritiene “abbastanza preoccupata” (68%). Lo sono meno gli allevatori rispetto ai coltivatori (il 24% indica di essere poco o per nulla preoccupato, rispetto a una media del 17%). Il 74% pensa che il cambiamento climatico sia reale e causato dall’essere umano, il 15% che sia reale ma non influenzato dalle attività umane, mentre solo il 4% degli agricoltori e degli allevatori nega l’esistenza del cambiamento climatico. Sebbene il negazionismo climatico non sia dunque dominante tra gli operatori agricoli, il 45% nega l’influenza del proprio settore sul clima, nonostante questo sia responsabile del 7,4% delle emissioni di gas serra in Italia, come certifica l’Ispra. Ad avere più problemi ad ammettere l’impatto del proprio settore sono gli agricoltori del Nord-ovest (il 64% nega).
Lo stato dell’agricoltura e le responsabilità
Dalle interviste effettuate è emersa una percezione negativa sullo stato dell’agricoltura nel Paese. “Pessima”, “difficile”, “fallimentare”, “abbandonata” sono state le definizioni più utilizzate. Il 67% si sente stanco, il 57% abbandonato e solo il 26% ascoltato, anche se gli agricoltori che gestiscono più di 50 ettari di terra si sentono più riconosciuti (il 53% rispetto al 41% di media). Per il 26 per cento degli imprenditori agricoli intervistati, inoltre, la principale responsabilità del momento negativo che il settore sta vivendo è imputabile al governo Meloni al ministero dell’Agricoltura, per il 14 ai politici in generale e all’Unione Europea, per l’8% invece la colpa è del mercato. In generale, il 78 per cento si sente poco o per nulla rappresentato nelle decisioni e nei dibattiti pubblici. Gli allevatori indicano l’Unione Europea come responsabile nel 18% dei casi. Nonostante le molte difficoltà che gli agricoltori vedono, il 63% è ottimista sulla continuità della propria azienda nel futuro, con punte dell’83% tra gli under 45. In generale, il 59% incoraggerebbe i figli a intraprendere la professione.
La transizione verde è una necessità
Per il 62 per cento degli intervistati la transazione verde è necessaria. Per uno su quattro è un’opportunità da cogliere, mentre solo il 14 per cento la considera un errore. Ma vanno comunque superati alcuni ostacoli, dalla burocrazia agli aiuti economici. Anche chi pensa che la transizione ecologica sia un errore, installerebbe comunque impianti rinnovabili. Solo il 26% non si dimostra interessato all’installazione di impianti rinnovabili sulle proprie produzioni, mentre la maggior parte si divide tra chi li ha già installati o si è detto disponibile a farlo in futuro.