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Bombe sulla petroliera Seajewel a Savona: “Un’altra nave ‘sospetta’ colpita allo stesso modo in Libia pochi giorni fa”

Tra i precedenti attacchi contro navi segnalate per il possibile trasporto di greggio di Mosca, uno riguarda la Grace Ferrum, colpita a inizio febbraio dopo essere stata in Russia
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Due attentati, la stessa tipologia di ordigni. C’è un nuovo filo che collega l’esplosione sulla petroliera Seajewel al largo di Savona a quella sulla Grace Ferrum: in entrambi i casi sono state due usate bombe magnetiche piazzate sulla chiglia delle navi per danneggiarle. L’altra imbarcazione aveva lasciato il porto di Ust-Luga, località russa del mar Baltico il 12 gennaio, ed è stata attaccata nelle acque della Libia a inizio febbraio.

Si tratta di un ulteriore indizio che tiene insieme due dei quattro “colpi” assestati contro imbarcazioni ritenute collegate alla “flotta fantasma” russa, impegnata nel contrabbandare petrolio di Mosca in Europa. Senza dimenticare che la terza delle quattro petroliere colpite è la Seacharm, appartenente alla compagnia Thenamaris, la stessa della Seajewel e già inserita dalle autorità ucraine nella “black list” proprio con l’accusa di trafficare greggio russo in barba alle sanzioni imposte per l’invasione decisa da Vladimir Putin.

Va insomma arricchendosi di pezzi il puzzle del naufragio con finalità terroristiche andato in porto nelle acque liguri. La procura di Genova e gli investigatori della Digos hanno rimesso insieme un altro pezzo che sembra delineare un indirizzo per l’inchiesta. Ulteriori elementi potranno arrivare dalla tipologia di esplosivo utilizzato, al quale sarà possibile risalire grazie ai frammenti dei due ordigni piazzati sulla Seajewel e recuperati dai sommozzatori del Comsubin durante i sopralluoghi attorno al campo boa dove era ormeggiata la petroliera nella notte del 14 febbraio, quella dell’incidente.

E ancora: la pubblico ministero Monica Abbatecola, inquirente dell’Antimafia genovese, ha anche disposto accertamenti sul petrolio trasportato. Attraverso analisi chimiche, infatti, sarebbe possibile risalire – almeno a buoni livelli di probabilità – all’origine del fossile. Se i marcatori dello zolfo dovesse indicare una possibile provenienza russa, si confermerebbero i sospetti che già in passato hanno toccato l’armatore Thenamaris, inserito dalle autorità anticorruzione di Kiev nella lista degli “sponsor della guerra” con l’accusa di contrabbandare greggio russo.

Inevitabilmente, un’eventuale risposta positiva fornirebbe un’ulteriore traccia sul possibile movente e sulla provenienza della squadra di sabotatori. Gli investigatori della Digos stanno continuando a scandagliare le immagini delle telecamere di sorveglianza per cercare tracce del punto di partenza del commando che, si pensa, a bordo di un gommone e coperto dal buio della notte ha attaccato la Seajewel rischiando di squarciare la chiglia e far perdere una parte del carico, sversandolo in mare.

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