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Lavoro con l’intelligenza artificiale e vedo un futuro che non mi piace: più che transumano, disumano

Lavoro con l’intelligenza artificiale e vedo un futuro che non mi piace: più che transumano, disumano
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di Nicola Cirillo

Torno a casa felice dall’ufficio, perché a casa rivedo Giotto, un essere innocente che – pur essendo solo un gattino – mi sembra la cosa più umana che possa incontrare di questi tempi.

Ho appena lasciato un ufficio in cui mi occupavo di robotica e, occasionalmente, di intelligenza artificiale. Ho percepito un’idea di futuro prossimo che non mi piace. Ma attenzione, non mi spaventa tanto il transumano, che in fondo è un umano potenziato. Mi spaventa il disumano, che è la negazione dell’umano e che si annida dietro gli apparati, che siano tecnologici, politici, economici, produttivi e che crea e si serve di gerarchi efficienti e bravissimi. Bravissimi a distruggere quel poco di umano che resta.

In nome dell’efficienza, della produttività, della sicurezza, del decoro, della velocità, della comodità, del profitto si abdica all’umanità e si elegge a leader la mano invisibile, l’algoritmo, l’azienda, che non hanno sentimenti, non hanno empatia e quindi non hanno a cuore il futuro, il futuro di niente.

Mi spaventa il disumano dei torturatori senza coscienza, e di chi li sostiene e di chi si rifugia in un comodo silenzio; il disumano di chi dichiara guerre e tratta i popoli come merce, il disumano di politici e di manager guidati solo da interessi personali bassissimi, di chi crea nuovi campi di concentramento per persone senza colpa, di chi crede che l’equità e l’inclusione siano pericoli da cui guardarsi, di chi fomenta poveri contro poveri, di chi ha patrimoni miliardari e non si occupa del benessere degli altri.

Non dobbiamo guardarci dal transumano, ma dal disumano che può corromperlo e usarlo in una follia distruttiva che abbiamo già sperimentato in varie epoche. Ma oggi che anche la memoria latita mi sembra che ci sia rimasto solo un modo per difenderci: individuare la bontà e promuoverla, ovunque essa si trovi. Un’alleanza che fortifichi una visione del mondo diversa, che consideri l’altro come emanazione di sé e, in quanto tale, essere da curare e preservare, che sia umano, animale o minerale.

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