Alcune grandi opere d’ingegneria civile seguono una traccia mitica. Prime tra tutti, i ponti; cari soprattutto a chi aspira alla tiara pontificia, dal latino pontis facĕre, costruire ponti (Fig. 1). E “costruire ponti, non muri” è un tema ricorrente nei discorsi dei papi, Francesco compreso, per sottolineare la solidarietà e la inclusione piuttosto che la divisione. Non sono pochi, però, i ponti vissuti solo nel mondo dei sogni, grandi opere d’ingegneria fantastica mai tradotte in realtà.
La selezione del consorzio Euro Tunnel avvenne scartando altre proposte in gara per l’attraversamento del Canale della Manica, progetti assai diversi tra loro. Per esempio, Channel Expressway prevedeva quattro gallerie parallele. Il consorzio Euro Route, invece, aveva fatto una proposta architettonica e ingegneristica da fantascienza. E non era un consorzio da poco, con Alsthom e British Steel, tra gli altri, in prima fila.
Il progetto prevedeva un collegamento fisso sia su strada sia su rotaia, con una ferrovia a due binari e un’autostrada a due corsie, che avrebbe collegato le reti di trasporto su entrambe le sponde della Manica. Il tracciato ferroviario era molto simile a quello esistente oggi, che corre nel tunnel scavato tra Folkestone e Sangatte (Fig. 2).
L’infrastruttura era complessa. I treni avrebbero viaggiato in una galleria fatta di conci prefabbricati, affondati in mare e poi ancorati al fondo. Le auto, invece, avrebbero inizialmente percorso due ponti strallati lunghi circa 8 chilometri l’uno (Fig. 3) per poi immergersi in un tunnel centrale lungo 21 chilometri, realizzato con la stessa tecnologia.
Per collegare ponte e tunnel erano state ideate due isole artificiali, dove l’autostrada si sarebbe innestata nel tunnel percorrendo una spirale a pendenza 35 permille. Nelle due isole, larghe più di 200 metri, avrebbe trovato posto un foro centrale di ventilazione, assieme a parcheggi, servizi di rifornimento e ristoro. E perfino strutture per il tempo libero, come negozi duty-free, alberghi e porti turistici (Fig. 4).
Euro Route fu sconfitto dal progetto Euro Tunnel poi inaugurato nel 1994 e subito eletto dalla Società Americana d’Ingegneria Civile tra le sette meraviglie del mondo moderno. Col senno di poi, ci si potrebbe chiedere se Euro Route o l’altro progetto aereo, Euro Bridge, avrebbero fabbricato opere di maggior successo, visti i debiti che affliggono tutt’oggi l’Eurotunnel. A differenza di quanto accade in Italia per il Ponte sullo Stretto, la scelta della migliore modalità per attraversare la Manica fu affidata a una gara tra quattro diversi consorzi con diverse proposte tecniche, anziché affidata sulla base di una scelta aprioristica. La gara sulla Manica fu vinta comunque dalla soluzione che, nel corso dei secoli, era stata coltivata da sempre, a partire dal progetto di Albert Mathieu-Favier che, nel 1802, aveva prospettato di collegare Dover e Calais con una galleria (Fig.5).
Tutto il mondo è paese e le certezze sedimentate dalla storia tracciano la via. Ai tempi delle Guerre Puniche, III secolo prima di Cristo, Roma pensava di unire le due sponde dello Stretto di Messina con un ponte. Un pensierino ce lo fece perfino Carlo Magno. Quasi 200 anni fa il Re delle Due Sicilie fece realizzare uno studio di fattibilità ma rinunciò all’opera per i costi troppo alti. Nel 1876, il ministro pro-tempore dei Lavori Pubblici, il patriota bresciano Giuseppe Zanardelli, dichiarava solennemente che “sopra i flutti o sotto i flutti la Sicilia sia unita al Continente”. Almeno lui — da buon avvocato e, soprattutto, da buon ghisleriano — si era mantenuto tecnologicamente neutrale.
Il Ponte sullo Stretto — incubo cullato lungo i primi sessant’anni del dopoguerra e liquidato dalla ventata di realismo post-crisi finanziaria di 15 anni fa — è risorto come utopia post-pandemica. Lo shock pandemico ha ruotato di 180 gradi le granitiche convinzioni politiche sull’inutilità e la dubbia fattibilità dell’opera. Se realizzato e messo in esercizio, il Ponte potrebbe spodestare — pro-tempore — una delle sette meraviglie del mondo moderno. E non è roba da poco.
Non so prevedere se il Ponte sullo Stretto entrerà davvero nella storia dell’ingegneria civile. Né se, una volta entrato, quanto vi rimarrà. La recente, affascinante proposta del tunnel di Archimede pubblicata da poco su Architecture.org (Fig.6) è invece destinata a entrare nel nutrito elenco delle opere d’ingegneria fantastica come Euro Route ed Euro Bridge. Non è neppure una novità. L’avevamo studiata nel nostro laboratorio 40 anni fa senza esiti concreti: i pontefici nostrani preferiscono i ponti alle gallerie, al contrario di Thatcher e Mitterand.