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Il caso Santanché è l’ennesimo limite: lo si difende perché si è deboli

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di Paolo

Il caso Santanché è talmente uguale a tanti altri che forse se ne parla per l’ennesima volta perché non se ne parla mai abbastanza. Ci sono considerazioni che rendono la vicenda del ministro del Turismo comune per entità, gestione e difesa, altre sono più specifiche. Ragionare sull’etica pubblica e su come un rappresentante politico, sia esso presidente del Consiglio, ministro, senatore o parlamentare dell’opposizione o del governo, si debba comportare è ormai ridotto ad un esercizio di stile. I politici sono come i bambini al ristorante: tutti sappiamo come dovrebbero comportarsi, ma sono incapaci di farlo. A tutti si è insegnato cosa va fatto e cosa no, hanno giurato sulla Costituzione, e per estensione anche ai padri fondatori che se fossero in vita, dinnanzi a certi comportamenti, direbbero: “Quello è il figlio del vicino…”.

La seconda considerazione riguarda il leader politico, che per quanto forte o bravo ad apparir tale, avrà sempre debolezze nel proprio operato e in tutte le scelte e persone risultanti da tali scelte. Il nostro presidente del Consiglio ha sempre narrato un’immagine di se: quella di un leader forte. Tutti hanno plaudito alla prima donna divenuta presidente del Consiglio, ma ci è arrivata esattamente come qualunque uomo, ha fatto la voce grossa, la stessa propaganda, le stesse politiche e gli stessi errori. Essere la prima donna politica capo di un governo naturalizzata uomo politico non è un evento storico, semmai un evento commemorativo, un francobollo di se stessi. Se fosse stata di sinistra non si sa, perché da quelle parti non si sono mai posti il problema, o sono così progressisti da averci pensato anni prima e aver preferito altrimenti.

Non ci è dato sapere quali membri del governo siano stati scelti direttamente e quali dai prescelti, ma è evidente che quando i soldati del generale diventano carcerieri della una prigionia, c’è stato un enorme errore di valutazione. Quindi il caso Santanché è l’ennesimo limite e, se non si riesce a rimuoverlo, ci si limita a difenderlo e se si difende un proprio limite si è deboli.

Ovviamente “errore” è pur sempre un eufemismo, perché si sapeva benissimo chi fosse Tizio e Caio, il problema è che li si è scelti per questo. Quindi raggiungere lo scopo attraverso una scorciatoia è un modo opinabile di fare politica che racchiude i due aspetti precedenti: le persone di cui il presidente si è circondata sono come i parenti alle feste: non si sa se la famiglia l’ha invitata o se le hanno fatto credere di aver invitato la famiglia; il doverli difendere con silenzi e tempi prolungati mostra un’estrema debolezza. Un capo di governo, alla luce di innumerevoli mancanze, eclatanti aspetti controversi lesivi dello Stato, non può scindere la valutazione ponendo il ruolo e l’operato di ministro sopra quello che vede lo stesso rinviato a giudizio. Non si può fare una riflessione o non avere le idee chiare su un caso del genere, perché un comandante dovrebbe sempre sapere cosa fare e dire di saperlo fare, che lo sappia o no.

Infine c’è il non detto. Il ministro è quasi inamovibile solo perché ha un’incrollabile volontà di andare avanti, oppure è stato una rampa di lancio a senso unico? Come nel gioco del Jenga, questo governo è una torre con in cima un trono troppo importante per permettere che dei pezzi mancanti la facciano crollare. Meglio lasciare che la ruggine dilaghi sotto la vernice, purché l’armatura appaia indistruttibile. La garanzia di tenuta è data in parte anche dall’opposizione che si limita alle dichiarazioni. Di frecce ne hanno ben donde, ma in quanto ad arco è come se tendessero un bucatino. Semplicemente dicendo che la passata campagna del ministro è stata uno sperpero di denaro pubblico e che ora il governo ha deciso l’aumento delle accise; ho messo in fila due fatti nella stessa frase che sarebbero sufficienti a organizzare manifestazioni ad oltranza. Invece? Se il governo è il solito… pure le opposizioni non scherzano.

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