Alla Quinta Sezione del Consiglio di Stato sono bastate tre righe per motivare lo stop che ha impedito, per il momento, al gruppo Danieli, colosso friulano dell’acciaio, di prendere visione degli oltre 21mila nomi di cittadini firmatari della petizione per bloccare la costruzione di un nuovo stabilimento in riva all’Adriatico, a San Giorgio di Nogaro (Udine). L’ordinanza, che porta la firma del presidente Alberto Urso, rappresenta un nuovo capitolo nel braccio di ferro ingaggiato dall’azienda per entrare in possesso della lunghissima lista di persone che nel 2023 si erano rivolte alla Presidenza della Regione. È anche sulla base di quel movimento popolare che la politica aveva cambiato rotta, abbandonando la linea in precedenza favorevole all’acciaieria e suscitando la reazione del gruppo, al cui vertice era allora Gianpietro Benedetti, deceduto lo scorso aprile all’età di 82 anni.

A ottobre il Tar del Friuli-Venezia Giulia aveva dato ragione a Danieli, ordinando alla Regione di fornire gli elenchi. Nelle scorse settimane però il Consiglio di Stato, giudice amministrativo di secondo grado, ha sospeso in via cautelare l’esecutività di quella sentenza, accogliendo il ricorso dei comitati. E il motivo, si scopre ora, è banale: “Trattandosi di accesso agli atti”, si legge nel provvedimento, “l’esecuzione dell’ordine derivante dalla sentenza gravata nelle more della decisione di merito comprometterebbe definitivamente l’interesse che l’appello è volto a tutelare”. In sostanza, se i nomi dei firmatari fossero consegnati a Danieli sulla base della sentenza di primo grado, verrebbe meno il motivo stesso del ricorso, che dev’essere ancora deciso nel merito (l’udienza in camera di consiglio è stata fissata al 3 aprile 2025). L’azione legale di Danieli ha creato molto scalpore, anche perché vi si adombrava la possibilità di procedere per danni nei confronti dei firmatari, a causa del testo della petizione che faceva esplicito riferimento al rischio di un danno ambientale. Danieli, infatti, sostiene che l’acciaieria sarebbe stata completamente green e avrebbe apportato benefici all’economia e all’occupazione. Di opinione diversa non solo le associazioni ambientaliste, ma anche sindaci della provincia di Udine e semplici cittadini, timorosi delle ricadute negative sull’ecosistema.

Nonostante la Regione abbia rifiutato di consegnare i nomi, però, la giunta del governatore leghista Massimiliano Fedriga non ha impugnato al Consiglio di Stato la sentenza che glielo imponeva. A farlo sono stati tre esponenti del mondo ambientalista e politico, in particolare Marino Visintini e Paolo De Toni, già finiti nel mirino della Danieli. Il primo fa parte dell’Osservatorio Civico contro le illegalità ed era citato nel ricorso al Tar in quanto controinteressato, visto che una delle prime firme sulla petizione era la sua. Contro De Toni è stata avviata dalla Danieli una causa con richiesta di risarcimento danni per centomila euro, a causa di alcune dichiarazioni polemiche contro il gruppo. Nel ricorso è coinvolto anche Furio Honsell, ex sindaco di Udine ed attuale consigliere regionale di Open Sinistra FVG, che dopo la sentenza del Tar aveva dichiarato: “Il presidente Fedriga deve fare ricorso per difendere i cittadini dal rischio di ritorsioni per danni e diffamazione solamente per aver espresso la propria opinione. È un ricorso a tutela del diritto al dissenso che si esprime attraverso le petizioni”. Concetti che ora ribadisce alla luce della sospensiva concessa dal Consiglio di Stato.

Visintini, De Toni e Honsel, assistiti dagli avvocati Carlo Monai e Mario Sanino, hanno citato in giudizio anche la Regione Friuli-Venezia Giulia, che non si è però costituita. La Danieli è invece rappresentata dagli avvocati Roberto e Fabrizio Paviotti, i quali hanno affermato che solo la conoscenza delle identità dei firmatari può consentire una verifica della regolarità delle firme. I giudici del Tar avevano stabilito che non può essere vietato l’accesso a un documento che sia in possesso dell’amministrazione pubblica per attività di pubblico interesse. Inoltre avevano affermato che siccome una petizione ha lo scopo di influenzare un processo decisionale pubblico, rendere conoscibile l’elenco dei firmatari è coerente con quella finalità. Anzi, apporre la firma a una petizione costituirebbe di per sé una autorizzazione alla pubblicizzazione dell’identità del firmatario. È per questo che non è stata accettata la teoria di una legittima protezione dei dati personali dei firmatari da parte del consiglio regionale che aveva ricevuto il testo della petizione. La deputata Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, esulta per la sospensiva: “Il Consiglio di Stato ha messo un argine alla prepotenza di un gruppo industriale che pretende di stroncare il dissenso popolare contro i suoi progetti”.

L’avvocato Roberto Paviotti dichiara: “Il Gruppo Danieli non ha interesse nel conoscere l’identità dei singoli firmatari della petizione e non ci sarà nessuna azione nei loro confronti (atto che non va confuso con azioni di tutela della reputazione rivolti verso specifici soggetti). Per il gruppo, il diritto dei cittadini di esprimere la propria opinione è inviolabile e come tale verrà garantito. Allo stesso tempo l’azienda ha da sempre avuto a cuore la crescita sostenibile del territorio e ha avviato un’azione per chiarire, attraverso un accesso agli atti, la legittimità della petizione. Il Gruppo Danieli ha peraltro già da tempo concentrato i propri sforzi e investimenti verso l’area toscana di Piombino, confermando la serietà delle proprie intenzioni”.

Aggiornamento del 2 dicembre 2024 ore 16.23

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