Contro gli ambientalisti, ma anche contro la giunta regionale del Friuli Venezia Giulia. La lettura del ricorso al Tar presentato dal gruppo Danieli, leader internazionale dell’acciaio, svela quali siano i veri obiettivi dell’iniziativa giudiziaria adottata dopo il diniego alla costruzione di uno stabilimento in riva all’Adriatico. Da una parte la possibilità di avviare denunce per diffamazione o azioni civili per i danni subiti dalla petizione popolare sottoscritta da 21.974 cittadini, dall’altra un attacco agli amministratori friulani per essersi piegati alle richiese “di sindaci e territori”, con una decisione “del tutto inaspettata” che ha indotto il gruppo imprenditoriale a cercare nuove soluzioni in altre parti d’Italia.

Il ricorso al Tar è stato inoltrato da Danieli & C Officine Meccaniche Spa, con sede a Buttrio (Udine), nella persona del rappresentante legale Fabio Londero. A redigerlo sono stati gli avvocati Roberto e Fabrizio Paviotti, che hanno preso di mira la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e hanno notificato l’atto, in quanto uno dei controinteressati, anche all’ambientalista udinese Marino Visintini. Tutto nasce dalla risposta del segretario generale del Consiglio regionale alla richiesta della Danieli, presentata il 13 novembre scorso, di accesso ai documenti accompagnatori della petizione datata 25 luglio 2023 e firmata da 21.974 cittadini. La richiesta era stata rigettata per quanto riguardava l’identità dei firmatari. Il segretario generale del consiglio regionale aveva fornito due motivazioni. La prima: “I nomi dei sottoscrittori non sono indicati in quanto dati personali”. La seconda spiegava l’iter delle petizioni, che vengono assegnate alla commissione permanente e competente per materia che le esamina e può accoglierle, inviarle alla giunta regionale, archiviarle o predisporne l’invio al consiglio regionale. “Comunque la conclusione dell’iter delle petizioni consiste in una risoluzione che non può certo annoverarsi tra i provvedimenti amministrativi”.

Il gruppo industriale rinfaccia innanzitutto alla giunta regionale di aver cambiato opinione nel procedimento amministrativo avviato dopo la manifestazione di interesse espressa dal gruppo ucraino Metinvest B.V. (committente) e da Danieli (appaltatrice) per costruire un’acciaieria nella zona industriale Aussa Corno. L’iter “era parso procedere con il vento in poppa dopo che la giunta regionale con le le delibere del 27 maggio e dell’8 luglio 2022 aveva riconosciuto che la proposta rappresentava un investimento ‘di carattere strategico per il tessuto economico produttivo regionale’ e che era di importanza primaria grazie alla rilevanza delle risorse economiche impiegate e allo sviluppo industriale, oltre che logistico portuale che ne deriverebbe, nonché tenuto conto della notevolissima ricaduta in termini di incremento occupazionale’”.

La decisione di bloccare tutto, assunta nel settembre scorso dalla giunta del leghista Massimiliano Fedriga, fu “del tutto inaspettata” e motivata dall’assessore alle attività produttive, con il fatto che “avrebbe generato un impatto talmente rilevante da far prediligere altre tipologie di investimento maggiormente compatibili e sostenibili con il territorio interessato”. Il gruppo Danieli contesta alla giunta di aver adottato la decisione nonostante alcuni studi avessero “escluso che la realizzazione avrebbe recato criticità dal punto di vista ambientale” e di aver dato ascolto alla “Petizione contro l’acciaieria” depositata dal “Comitato no acciaieria”, che registrò 9 mila delle quasi 22 firme totali in soli cinque giorni, dal 21 al 25 luglio. “Chi l’ha sottoscritta – recita il ricorso – si è assunto la responsabilità di affermare che la Danieli costruisce acciaierie che creano un ‘irreversibile danno ambientale’”. Il gruppo ricorda di ricevere commesse da tutto il mondo “perché la sua avanzatissima tecnologia è riuscita ad aumentare la produttività delle acciaierie a fronte di un minor consumo di risorse energetiche e di materiali, evitando la determinazione di danni all’ambiente”. L’accusa ai firmatari: “Si tratta di una affermazione falsa e gravemente lesiva, con rimbalzi a livello mondiale, della reputazione del gruppo. Su di essa, evidentemente, la Danieli non può… sorvolare!”.

Quando si era diffusa la notizia del ricorso al Tar, il gruppo aveva diffuso un comunicato: “L’ipotesi di una causa ai cittadini è frutto di ricostruzioni giornalistiche fantasiose e destituite di ogni fondamento”. Il ricorso smentisce, invece, questa affermazione. La richiesta di accesso agli atti “è stata fatta per difendere le proprie ragioni e tutelare i propri interessi e la propria immagine e onorabilità”. Il rifiuto della Regione di fornire i nomi dei firmatari costituirebbe “una violazione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa, per la quale deve essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare e per difendere i propri interessi giuridici”. Gli avvocati sono espliciti: “È questa la situazione finale che la Danieli intende curare (…) proponendo contro i sottoscrittori della petizione, alternativamente, querela per diffamazione, ovvero azione civile per il risarcimento del danno da lesione della propria immagine e reputazione commerciale”. In conclusione: “Per poter assumere queste iniziative, la Danieli deve poter individuare chi sono stati i sottoscrittori della petizione ed agire nei loro confronti”.

Solidarietà all’ambientalista Marino Visintini è stata espressa dai capigruppo dell’opposizione in consiglio regionale (M5S, Avs, Open Fvg, Pd, Patto per l’autonomia-Civica Fvg). Ricordano che “il potere decisorio resta in capo alle assemblee elette, in questo caso alla Regione, e non viene esercitato direttamente dal popolo”, mentre “ai cittadini va garantita la libertà di opinione e il diritto alla privacy”.