L’esercito libanese accusa Israele di aver violato ripetutamente il cessate il fuoco, in vigore da poche ore. Le forze armate di Beirut segnalano in particolare un raid aereo contro una base Hezbollah nel Libano meridionale. Inoltre, un drone dell’aeronautica militare israeliana ha attaccato un veicolo libanese nella zona del villaggio di Markaba, nel sud del Paese, due persone sono rimaste ferite.

Agli sfollati del sud del Libano non è ancora permesso rientrare nei loro villaggi in base all’accordo. I militari israeliano hanno infatti ha 60 giorni per ritirarsi. L’esercito libanese ha avvertito i cittadini che tornano nei villaggi e nelle città del confine meridionale libanese, principalmente nei distretti di Tiro, Bint Jbeil e Marjayoun, di non avvicinarsi alle aree in cui si trovano le forze nemiche, poiché potrebbero essere esposti al fuoco nemico. Le forze dell’esercito libanese hanno iniziato a dispiegarsi a sud del fiume Litani, in conformità con l’accordo di cessate il fuoco e in coordinamento con le forze Unifil.

Con tempistica non particolarmente felice, nella sua prima intervista dopo il cessate il fuoco, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu afferma che se Hezbollah non rispetterà le regole, ci sarà una “guerra intensa”. “Ho dato istruzioni all’Idf: se ci sarà una violazione massiccia dell’accordo, non opereremo chirurgicamente come stiamo facendo ora, ma ho ordinato una guerra intensiva“, dice.

Proseguono, intanto, gli attacchi israeliani su Gaza. Secondo la autorità della Striscia i palestinesi uccisi oggi sono almeno 21, per un bilancio complessivo delle vittime che sale a 44.330 persone. L’esercito israeliano ha intensificato gli attacchi nelle aree centrali di Gaza e i carri armati si sono spinti più in profondità nel nord e nel sud dell’enclave. Finora l’esercito non ha commentato.

I mediatori di Hamas si recheranno al Cairo per discutere la proposta egiziana sulla ripresa dei negoziati per la tregua a Gaza e il rilascio degli ostaggi. Lo riferisce la tv pubblica israeliana Kan. Attesi anche i rappresentanti di Tel Aviv.

“Israele porrà fine alla guerra a Gaza dopo aver raggiunto tre obiettivi: la restituzione degli ostaggi rapiti, lo smantellamento dell’infrastruttura militare e governativa del movimento terroristico di Hamas e l’eliminazione della minaccia alla sicurezza di Israele”, ha affermato nel frattempo il ministro degli Esteri di Tel Aviv Gideon Saar.

“Sono sincero: in cima ai miei pensieri c’è Gaza. Penso che quello che sta succedendo in Medio Oriente in generale sia una ferita aperta per l’umanità. Sono stato in Libano tre giorni fa. E, non voglio essere sentimentale, ma ho visitato l’ospedale che ogni giorno è pieno di vittime. Ora non ci sono più bombe, il cessate il fuoco è una buona notizia, ma penso che la situazione in Medio Oriente vada al di là di qualsiasi cosa che gli europei dovrebbero accettare“, ha affermato l’Alto rappresentante, Josep Borrell.

Negli Stati Uniti, come tutti gli americani nel giorno del Ringraziamento, il presidente Joe Biden ha fatto un elenco delle cose per le quali è grato, sollecitato dai giornalisti. “La mia famiglia, la transizione pacifica della presidenza e sono davvero grato di essere riuscito a realizzare la tregua in Libano“.

Torna a surriscaldarsi, infine, un altro fronte di guerra dell’area. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) ha lanciato un allarme sull’impatto devastante delle ostilità in Siria, a seguito della riaccensione del conflitto nel nord-ovest del paese tra forze filo-turche e quelle governative sostenute dalla Russia. In un comunicato diffuso nelle ultime ore da Ocha, Adam Abdel Mawla e Ramanathan Balakrishnan, rispettivamente coordinatore umanitario residente delle Nazioni Unite in Siria e coordinatore umanitario regionale per la crisi siriana, hanno ribadito l’urgenza di proteggere i civili, gli operatori umanitari e le infrastrutture vitali.

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