Nessun raptus ma un “narcisismo mortale” portò Alessandro Impagnatiello – definito un “giocatore di scacchi” e la “banalità del male” – a uccidere con “inaudita violenza” la fidanzata Giulia Tramontano e il bambino che portava in grembo. Così la procuratrice aggiunta Letizia Mannella e la pubblico ministero Alessia Menegazzo hanno iniziato la requisitoria contro l’ex barman accusato di aver ucciso la compagna, concludendo con la richiesta alla Corte d’Assise di Milano di una condanna all’ergastolo con 18 mesi di isolamento diurno per il femminicidio nella loro casa di Senago, alle porte di Milano, il 27 maggio 2023.

“Impagnatiello è la banalità del male”
“L’essere umano è capace di fare cose drammatiche senza nessun disturbo psichiatrico, fa paura accettare questa verità, che anche gli uomini normali possano commettere delitti efferati contro le persone che dicono di amare ma dobbiamo tutti avere il coraggio di accettarlo, non dobbiamo avere paura di cosa gli uomini siano in grado di fare”, hanno detto in conclusione. La morte della 29enne incinta al settimo mese con 37 coltellate prima del doppio tentativo di incendiarne il cadavere non è stata “follia” ma “crudeltà”, hanno sottolineato, perché questo “processo ci ha portato verso l’orrore, ci ha mostrato la vera crudeltà, la manipolazione, l’ambiguità, questo processo è stato un’occasione per tutti noi per affacciarsi sul burrone e ci ha mostrato la banalità del male” che “dovete avere il coraggio di guardarla”. Un “viaggio nell’orrore”, secondo l’accusa, durante il quale Tramontano e il suo bambino furono “trucidati”. La sentenza è attesa per il 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne.

“Un progetto mortale premeditato”
Il femminicidio fu “solo l’epilogo drammatico di un piano omicidiario iniziato molti mesi prima”, ha rimarcato la pm parlando di un “progetto mortale a lungo premeditato” per uccidere Tramontano incinta. “L’imputato – ha detto – programmava da mesi l’omicidio, tentando di eliminare madre e figlio con la somministrazione di veleno” poiché li considerava un “ostacolo” alla possibilità di vivere la sua nuova vita con l’amante. “Giulia – ha aggiunto – ha firmato la propria condanna a morte quando ha comunicato all’imputato che aspettava un bambino”.

Impagnatiello, un “giocatore di scacchi”
Quanto avvenuto nella loro abitazione di Senago, ad avviso dell’accusa, dimostra che Impagnatiello ha “semplicemente cambiato la strategia in un progetto già premeditato, cominciato con l’avvelenamento di Giulia e Tiago dal dicembre 2022, e dopo l’incontro tra lei e l’altra ragazza lui ha colto l’occasione al volo, come un giocatore di scacchi ha fatto l’ultima mossa”. Quel giorno poi “ha messo in scena la scomparsa di Giulia” Tramontano, “ha reso cenere il cadavere per cancellare ogni prova” e così Tramontano “sarebbe stata l’ennesima donna scomparsa”.

“Manipolatore psicopatico e bugiardo”
L’ex barman ha realizzato un “quadro criminoso” portato avanti “con lucidità e controllo”. Insomma, nessun raptus o blackout, ma una “rabbia fredda” che aveva come obiettivo “inscenare la scomparsa di Giulia, con l’evidente scopo di simulare un suicidio”. Impagnatiello “è un manipolatore, psicopatico e bugiardo” dice la pm ricordando le perizie degli psichiatri: in lui “c’è mancanza totale di empatia, di rimorso e di morale”.

La pm: “Fu un agguato”
L’imputato ha “organizzato un vero e proprio agguato, la scena del crimine è stata preparata con estrema cura” aggiunge la rappresentante della pubblica accusa che fissa, intorno alle 19.30 l’ora del delitto, per “quell’urlo di donna disperato” sentito da una vicina. Impagnatiello “l’ha ammazzata appena ha varcato la soglia”, ha spiegato la pm. Davanti ai carabinieri e poi in aula, l’imputato mente, inventa: “Davanti a noi ha raccontato una storia che non ha senso”.

La ricostruzione
La pm Menegazzo ha ricostruito, minuto per minuto, la serata dell’omicidio e poi ancora la finzione messa in atto nei quattro giorni dopo: dopo l’omicidio, Impagnatiello ha provato a darle fuoco nella vasca da bagno, quindi l’ha spostata nella cantina e lunedì 29 maggio nel garage dove ha provato nuovamente a darle fuoco con la benzina. Infine ha messo il corpo senza vita nel bagagliaio: “Avrà il coraggio di andare a pranzo dalla madre con il cadavere dell’auto” prima di disfarsi del corpo abbandonandolo in un anfratto vicino a dei box, a circa 700 metri da casa.

Depistaggi e castelli di bugie
La denuncia di scomparsa per allontanamento volontario presentata dopo aver ucciso Tramontano “è uno dei tanti tentativi di depistare gli inquirenti per allontanare sospetti da sé”, ha rimarcato la pm sottolineando che l’ex barman aveva fatto credere che “la povera Giulia soffrisse di depressione e che aveva già tentato il suicidio”. Una serie di “castelli di bugie”, ha detto più volte.

La triade oscura
Impagnatiello ha sempre agito in modo coerente alla sua “triade oscura”, come definita dai periti che lo hanno giudicato capace di intendere e volere. Triade composta, ha spiegato la pm Menegazzo, da “tratti psicopatici, narcistici e macchiavellistici, con capacità di mentire e manipolare e con assenza di rimorso”. La pubblico ministero ha rimarcato che non si tratta di un “processo indiziario” ma di una ricostruzione dettagliata: c’erano “indizi schiaccianti di sangue sull’auto e nell’appartamento” e solo per questo Impagnatiello ha confessato, sempre cercando di “manipolare”, come aveva fatto nelle sue relazioni parallele con Tramontano e con l’altra donna. Sempre con “lucidità”.

Mentì ai parenti
Nel giorno della “rivelazione” dell’altra donna alla sua compagna, ossia l’incontro del 27 maggio 2023, poche ore prima dell’omicidio, “l’imputato si sottrae al confronto, non va a quell’incontro che avrebbe danneggiato la sua immagine di successo di barman milanese presente sui social”. L’imputato, ha rimarcato la pm, “non solo continua a mentire, ma induce anche suo fratello e sua madre a mentire” ai carabinieri dicendo “che non ha un garage, perché nel garage c’è il corpo martoriato di Giulia”. Per Menegazzo fu una “messinscena di un certo calibro” e di un uomo “senza pietà anche nei confronti di madre e fratello, manipolati dall’inizio alla fine per portare avanti la sua farsa”.

“Nessun ripensamento”
Spiegando la richiesta all’ergastolo con isolamento, le magistrate hanno rimarcato come “non c’è stato un momento di cui possiamo spendere una parola favorevole nel valutare il comportamento” di Impagnatiello. “Non c’è stato un momento in cui ha avuto un serio ripensamento su quello che ha fatto, mai una parola per Giulia, per la famiglia e il bambino. Non ha mai dato prova di un sincero cambiamento, ha sempre cercato di manipolare le persone”. La pm Menegazzo ha poi ricordato la vittima, osservando che “nei processi per omicidio spesso si parla solo degli imputati. Noi invece dobbiamo parlare anche di Giulia, glielo dobbiamo. Era una donna straordinariamente forte, pronta a occuparsi del suo bambino con l’aiuto della sua meravigliosa famiglia a ha provato a lasciare Impagnatiello tre volte. Abbiamo lavorato con tutte le nostre forze per fare in modo che la famiglia abbia la giustizia che merita”.

La difesa
Impagnatiello – è stata la replica della difesa – ha commesso “errori madornali”, una “condotta grossolana posta in essere dopo l’omicidio che mal si concilia con questa immagine di scacchista, pianificatore e stratega”, ha detto l’avvocata Giulia Geradini. Tra gli “errori” evidenziati dal legale, anche una “condotta post-omicidiaria totalmente sconnessa, con continui spostamenti di cadavere”. L’avvocato Samanta Barbaglia, che difende l’imputato insieme alla collega, ha poi parlato di una “occasionalità preponderante, come se – ha detto – il destino gli avesse teso un tranello”. La difesa esclude quindi che vi possa essere l’aggravante della premeditazione, così come anche quella della crudeltà: “Questa si ha quando c’è una manifestazione di particolare aggressività, una condotta eccedente. Ma la condotta in questo caso è unitaria perché questi colpi si susseguono con continuità. Non ci sono segni di difesa e ha perso tanto sangue in maniera velocissima”.

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