Ci sono le favole, c’è la propaganda e poi c’è la realtà delle cose. Anche il colosso Saudi Aramco (la più grande compagnia petrolifera al mondo) è piuttosto convinta che, stando così le cose, il mondo ci metterà molto, molto tempo a smettere di utilizzare petrolio. Ad una conclusione simile era arrivata qualche mese fa anche Jp Morgan, la più grande banca statunitense, che aveva definito “irraggiungibili” gli obiettivi di riduzione dei consumi attualmente prospettati. I sauditi sono così confidenti in tal senso che, come riporta il quotidiano londinese Financial Times, hanno acquistato per 740 milioni di euro il 10% di Horse Powertrain, azienda specializzata nella costruzione di motori a carburante, tradizionali ed ibridi, che ha come altri azionisti Renault e il costruttore cinese Geely.

“Sarà incredibilmente costoso per il mondo eliminare completamente i motori a combustione interna”, ha detto Yasser Mufti, vicepresidente di Saudi Aramco. Mufti ritiene addirittura che questi motori non scompariranno mai del tutto e che quindi, possedere una quota in uno dei principali costruttori offra prospettive di guadagno a lunghissimo termine. A suggerire questa operazione è anche il rallentamento dell’ascesa delle auto elettriche, dovuto ad innumerevoli fattori incluso costi che rimangono ancora troppo alti per i consumatori medi.

“Riteniamo che fino al 2035, al 2040 e anche oltre il 2040 vedremo ancora un numero significativo di veicoli con motori tradizionali”, ha affermato Matias Giannini, amministratore delegato di Horse, secondo quanto riporta il Financial Times. Per l’azienda le prospettive sono particolarmente rosse mentre alcune case automobilistiche pianifica lo stop alla produzione interna di queste motorizzazione, circostanza che le porterà poi a rivolgersi a fornitori esterni come Horse. “La transizione verso i veicoli elettrici è più lenta di quanto alcuni pensassero, e ci sono i motori ibridi, che alcuni pensavano erroneamente sarebbero scomparsi”, dice un analista del settore al giornale britannico. In questa direzione va anche lo sforzo di Saudi Aramco di sviluppare una capillare rete di stazioni di rifornimento. Possiede 17.200 stazioni di servizio negli Stati Uniti, in Cina e in Giappone ma intende espandersi anche in Cile e Pakistan.

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