Nella celebre opera Massa e potere, Elias Canetti esplicita il significato della “massa”, oggetto della sua indagine, anche in riferimento alla guerra, svestendo da ogni sovrastruttura ideologica questa pratica sanguinaria di affrontare i conflitti e riconducendola alla sua essenza: nella guerra “si abbatte il maggior numero possibile di nemici; la massa pericolosa di avversari vivi dovrebbe trasformarsi in un gruppo di morti. E’ vincitore chi ha ucciso più nemici”.

Nonostante la retorica della “vittoria” che accompagna da oltre due anni la guerra in Ucraina sia alimentata da armi sempre più potenti inviate dai governi occidentali a quello ucraino, al quale rispondono – in una logica di escalation – armi di potenza uguale e contraria messe in campo dal governo russo, è ancora la quantità di soldati “abbattuti” sul campo di battaglia (accuratamente censurati dai media), e la massa di riserva disponibile per sostituirli, che sta determinando in ultima istanza le sorti della guerra civile nel cuore dell’Europa.

Per Canetti, la guerra posiziona ciascuno all’interno delle due masse intrecciate delle parti combattenti: “per la propria gente, egli appartiene al numero dei guerrieri viventi, per l’avversario al numero dei morti potenziali o augurabili”. E’ questa la ragione per la quale Polonia e Lituania hanno preso l’impegno con il governo ucraino – “a corto di riserve da mobilitare”, come specificato dal ministro della difesa lituano Laurynas Kasčiūnas – di ricacciare in patria, con le buone o le cattive, tutti gli uomini ucraini che in questi due anni erano riusciti ad espatriare nei paesi aderenti all’Unione Europea, circa 650.000 secondo le stime, sperando invano nella protezione. Che l’Italia, per esempio, aveva attivato nel 1992 nei confronti dei disertori delle repubbliche della ex Jugoslavia nella precedente guerra civile europea e oggi si guarda bene dal confermare.

“Ma come avviene la formazione della massa bellica?”, si chiede Canetti. “Si conclude d’essere minacciati dalla distruzione fisica, e si proclama questo pericolo pubblicamente dinanzi al mondo”. Ossia, si alimenta la percezione di pericolo e si diffonde la paura, come fa Emmanuel Macron alludendo al fatto che la Russia voglia minacciare direttamente paesi Ue se non fermato a qualunque costo, quando reitera l’ipotesi di mandare truppe di terra a supporto dell’esercito ucraino, qualora i russi “sfondassero il fronte”, come affermato nell’intervista a The Economist (2 maggio). Ma questa minaccia totale all’Europa, che sarebbe immediatamente autodistruttiva per la Russia, fa parte delle contrapposte propagande di guerra, che lo stesso Canetti evocava nel suo saggio: se il nemico “non lo ha espresso per primo, lo ha pur sempre progettato; e se non lo ha progettato, vi ha almeno pensato; e se non vi ha già pensato, vi avrebbe pensato”.

Per quanto la posizione del presidente francese sembra ancora apparire isolata in Europa, a stretto giro è arrivato l’allarme del Capo di Stato maggiore italiano Carmine Masiello: “Saranno anni di grande crisi, meglio farsi trovare preparati. A oggi l’organico non è sufficiente, i due scenari di guerra – Ucraina e Striscia di Gaza – ci insegnano che serve la massa, perché le forze si logorano e vanno rigenerate”, ha detto nell’intervista al Corriere della sera (3 maggio). Il concetto di “massa”, per indicare la somma dei soldati, è dunque pienamente esplicitato: ciò che conta in guerra non sono le singole personalità, ma – oltre alle crescenti risorse economiche – la massa-per-la-morte, che si “logora” e va “rigenerata”. Del resto, chiosa alla fine del paragrafo dedicato alla guerra Elias Canetti, “per la durata della guerra si deve restare massa; e la guerra è veramente terminata quando non si è più massa”.

L’opposto della massa è la postura personale di chi si sottrae alla massificazione, a diventare mero corpo da manovra – “carne da cannone” diceva Chateaubriand in polemica antinapoleonica – a partire da una posizione di coscienza. E’ il fondamento dell’obiezione di coscienza al servizio militare, che nasce come disobbedienza civile individuale di chi rifiuta di uniformarsi e diventare rotella della macchina da guerra. Oggi nel nostro paese, con la sospensione della coscrizione obbligatoria (non la soppressione), l’obiezione di coscienza al servizio militare non è prevista, ma governi e vertici militari europei, anziché impegnarsi strenuamente nella ricerca della pace tra Russia e Ucraina, stanno progressivamente tornando alla formazione della “massa” da guerra. Per questo è importante la nuova fase della campagna di Obiezione personale alla guerra, promossa del Movimento Nonviolento (di cui ho già scritto a proposito della nuova resistenza).

Non si tratta più del solo sostegno a obiettori, disertori e renitenti di tutte le parti in guerra nei conflitti armati in corso, che pure continua, ma dell’autodichiarazione preventiva della propria soggettività pacifista, che si rifiuta – esplicitamente e formalmente – di diventare massa da macello. In nome della coscienza, oltre che della Costituzione.

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