Volano i dividendi, crolla il potere d’acquisto dei lavoratori. A dettagliare una dinamica ormai ben nota è un’analisi realizzata da Oxfam in vista della giornata internazionale dei lavoratori. Che mostra come tra il 2020 e il 2023 gli utili distribuiti agli azionisti dalle aziende quotate italiane a maggiore capitalizzazione siano aumentati dell’86% in termini reali, mentre le buste paga dei dipendenti del settore privato, tenendo conto dell’inflazione, si sono alleggerite del 13%. Guardando al resto del mondo, negli stessi anni a cavallo della pandemia in 31 Paesi i dividendi, aggiustati per l’inflazione, sono saliti del 45% (+195 miliardi di dollari), mentre i salari reali sono cresciuti in media solo di poco più del 3%. E, se si esclude la Cina, in media le retribuzioni hanno lasciato sul terreno il 3% del loro valore reale. “Ciò fa sì che milioni di lavoratori non riescano ad uscire dal circolo vizioso della povertà e ad assicurare un livello di esistenza dignitosa per sé e per le proprie famiglie”, commenta Misha Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia. “Una palese ingiustizia, sintomatica di un sistema economico che ricompensa più la ricchezza che il lavoro”.

Ampliando l’orizzonte temporale, in Italia i salari nominali tra il 1991 e il 2022 sono saliti del 107,5% ma in termini reali sono rimasti pressoché invariati, mostrando una crescita di appena l’1%. Un arretramento che nel 2022 ha collocato l’Italia in 22esima posizione tra i Paesi Ocse per il livello dei salari medi annuali reali: 13 posizioni in meno rispetto al 1992. “La moderazione salariale è un problema macroscopico del mercato del lavoro italiano”, commenta Maslennikov. “Altri problemi strutturali riguardano i ritardi occupazionali rispetto ad altre economie avanzate, la bassa qualità lavorativa di giovani e donne, il diffuso ricorso a forme di lavoro atipico che determina marcate disuguaglianze retributive e amplia le fila dei working poor. Purtroppo il governo non sembra intenzionato ad affrontare i tanti nodi irrisolti. Con il suo mantra del ‘più assumi, meno paghi’ non attribuisce alle politiche industriali il ruolo prioritario per lo sviluppo della buona occupazione, ma lo lascia alle convenienze economiche e fiscali delle imprese. La scelta di liberalizzare ulteriormente i contratti a termine e il lavoro occasionale rischia inoltre di rafforzare le trappole della precarietà. L’accesa opposizione al salario minimo legale denota poi un disinteresse a tutelare i lavoratori meno protetti”.

La ricerca arriva anche alla conclusione che l’1% più ricco della popolazione globale, che possiede il 43% degli asset finanziari, si è messo in tasca nel 2023 una cifra media di 9mila dollari, pari a 8 mesi di stipendio di un lavoratore medio (dati Organizzazione internazionale del lavoro). La forte concentrazione dei redditi da capitale in molti Paesi comporta tra l’altro che la crescita dei dividendi allarghi la disuguaglianza interna dei redditi. I dati, secondo Oxfam, confermano l’allarme lanciato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro sulla diffusione crescente della povertà lavorativa su scala globale: quasi 1 lavoratore su 5 percepisce un salario inferiore alla soglia di povertà di 3,65 dollari al giorno (a parità di potere d’acquisto) e i salari del 66% dei lavoratori nei Paesi a basso reddito non superano tale soglia.

I dati sugli utili distribuiti sono tratti dal Janus Henderson Global Dividend Index, che monitora i dividendi versati agli azionisti dalle 1.200 società più grandi al mondo per capitalizzazione di mercato (pari al 90% del monte dividendi globale).

Il Fatto è partner di Oxfam nel promuovere l’adesione in Italia alla raccolta firme per chiedere alla Ue l’introduzione di una tassa sui grandi patrimoni a livello europeo. Qui il link al sito La Grande Ricchezza da cui è possibile firmare.

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