Erano dispersi da sabato 9 marzo sulle alpi svizzere, nella regione della Tête Blanche dopo una valanga vicino a Matterhorn. Sono stati recuperati senza vita in cinque, alcuni giorni dopo. Probabilmente uccisi non dall’impatto del distaccamento nevoso, ma dal freddo: si ipotizza che i sei — dopo aver perso l’orientamento nella tempesta di neve — abbiano tentato di scavare una buca nella neve per trovare riparo dal freddo e dalla bufera.

Le vittime sono tutti membri della stessa famiglia della Val d’Hérens: tre fratelli, lo zio, il cugino più un’amica friburghese di uno dei fratelli, di età compresa tra i 21 e i 58 anni. Sabato erano partiti da Zermatt in direzione Arolla. Diversi di loro erano alpinisti esperti e alcuni si stavano allenando per una gara di scialpinismo di prestigio mondiale in programma ad aprile, la Patrouille des glaciers, il cui tracciato passa anche lungo l’itinerario Zermatt-Arolla che stavano percorrendo.

Il tentativo di salvataggio da parte degli esperti del Soccorso alpino elvetico, avvertito dalla telefonata al numero di emergenza 144 che sabato, alle 17.30, uno degli alpinisti era riuscito a fare nonostante la neve e il vento, è stato disperato: la squadra ha setacciato la zona e il luogo di localizzazione della chiamata. Poi, arrivata a 3.000 metri, di notte e in mezzo alla tormenta, è stata costretta a ritirarsi. Proseguire era impossibile per il pericolo di slavine. Sono seguiti altri tentativi, ma la tempesta aveva imperversato nel sud delle Alpi e il rischio di valanghe aveva impedito agli elicotteri e ai soccorritori di avvicinarsi alla zona. Fino al ritrovamento del 10 marzo, quando l’ipotermia aveva già causato la morte dell’intero gruppo.

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