Giorgia Meloni e il ministro Raffaele Fitto cercano di correre ai ripari sugli studentati. Lo scorso anno la protesta “delle tende” contro il caro affitti ha portato alla ribalta il tema della mancanza di case accessibili nelle città universitarie italiane. Mettendo nel mirino la scelta di affidare ai privati la costruzione dei 60mila nuovi posti letto previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nel frattempo la Commissione Ue non ha riconosciuto il raggiungimento del target legato alla realizzazione dei primi 7.500 posti entro fine 2022, contestando la scelta del governo Draghi di rendicontare anche strutture già esistenti. Ora, per non bucare la scadenza di giugno 2026, arriverà un commissario ad hoc assistito da una struttura di cinque persone. E lunedì il ministero dell’Università ha varato l’atteso bando da 1,2 miliardi per individuare i soggetti che dovranno garantire l’aumento del 125% degli alloggi disponibili, oggi meno di 48mila. La ministra Anna Maria Bernini ha parlato di “svolta” su quello che ha definito “tema prioritario del governo”. Ma restano molti punti di domanda, a partire dalle tariffe a cui i posti verranno offerti.

Il decreto, nel tentativo di accelerare, amplia la platea dei soggetti che potranno realizzare nuovi alloggi. Non solo privato convenzionato con il pubblico, ma anche soggetti pubblici, in linea con quanto previsto dalla legge 338/2000. I gestori otterranno, una volta messe a disposizione le strutture, un contributo pari a una parte delle rette per i primi tre anni. Il nuovo bando fissa quella cifra a 19.966,66 euro a posto letto contro i 12mila, in media, dei progetti approvati negli anni scorsi, ritenuti insufficienti dagli operatori. Un piatto piuttosto ricco, considerato che gli edifici offerti dovranno avere per 12 anni come destinazione d’uso “prevalente” quella dell’alloggio per studenti ma una parte della struttura potrà essere affittata a turisti o clientela business. Nei periodi “non correlati allo svolgimento delle attività didattiche”, poi, anche le stanze normalmente occupate dai ragazzi potranno essere messe sul mercato. In aggiunta, chi partecipa godrà di un regime semplificato per cambiare la destinazione d’uso degli immobili trasformandoli in studentati e di uno sconto fiscale per cui l’eventuale aumento della rendita catastale dell’immobile non sarà considerato nel calcolo delle tasse sugli immobili e delle imposte ipotecarie e catastali.

E i prezzi per gli studenti? Sempre per un periodo di 12 anni, dovrà essere garantita una riduzione del 15% rispetto al valore medio di mercato, individuato tenendo conto della zona, delle tipologie di immobili, dei servizi offerti e delle tipologie di studenti. Una quota di posti non inferiore al 30% andrà comunque riservata agli studenti capaci e meritevoli ma privi di mezzi, individuati sulla base delle graduatorie degli Organismi regionali per il diritto allo studio. Ogni organismo definirà con un bando annuale che tariffa applicare ai ragazzi. “Positiva questa riserva per gli studenti delle graduatorie”, commenta a caldo Alessandro Santoro, docente dell’università Bicocca che è stato team leader del ministero dell’Economia e delle Finanze per la Missione 4 durante la fase di definizione del Pnrr. “Lo sconto del 15% invece è una soluzione parziale per tutti gli altri. Per una città come Milano non è sufficiente per arrivare a un prezzo vicino ai 250 euro” previsti dalla delibera della regione Lombardia sul diritto allo studio.

Ora resta da vedere come il bando sarà accolto dai gestori. Il “censimento” fatto l’anno scorso dal ministero per raccogliere manifestazioni di interesse è terminato con l’individuazione di 67.292 posti letto potenziali in 593 immobili. Oltre 50mila (di cui più di 17mila in Lombardia) li offrirebbero i privati a partire da big del settore come Redo, Campus X e Camplus. Le candidature presentate in risposta al bando saranno valutate seguendo l’ordine di presentazione delle istanze, fino a esaurimento delle risorse. Avranno diritto a punti aggiuntivi gli interventi che prevedano una maggior quota di posti riservati a studenti delle graduatorie. I gestori avranno 12 mesi per completare l’intervento e mettere a disposizione i posti letto, pena la perdita del beneficio. Il Mur fa sapere che monitorerà la gestione delle strutture “anche successivamente alla rendicontazione del target Pnrr”, per garantire che “le tariffe favorevoli per gli studenti perdurino nel corso del tempo, anche oltre l’orizzonte temporale del Piano”. Cosa che però è tutt’altro che garantita.

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