Dopo il messaggio di chiusura del premier israeliano Benjamin Netanyahu sulle trattative di pace, anche Hamas gela i negoziati. “La posizione sull’attuale documento negoziale è negativa”, ha detto Osama Hamdan, alto rappresentante del movimento islamista in Libano, in un’intervista a una tv locale ripresa dal New York Times. Il portavoce ha poi precisato che questo “non vuol dire che i negoziati si siano fermati”. “Anche se il gruppo non accetta le attuali proposte israeliane senza modifiche, siamo disposti a continuare a negoziare”, ha spiegato. Secondo il quotidiano saudita Asharq, l’Egitto ha rivolto un invito ai miliziani di Hamas e ai funzionari israeliani perché tornino al Cairo – sede dei colloqui svolti finora – in modo da cercare di colmare la distanza tra le parti.

Giovedì Netanyahu ha avuto un colloquio con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in cui – riferisce il portavoce del governo di Berlino – si è “parlato degli sforzi in atto per liberare tutti gli ostaggi in mano a Hamas e del cessate il fuoco”, nonché “di un ulteriore impegno per aiuti umanitari per la popolazione nella Striscia di Gaza”. Intanto a Tel Aviv una manifestazione ha bloccato l’autostrada Ayalon (video): i partecipanti chiedono un accordo immediato per la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas: a guidare la protesta, fra gli altri, Yehuda Cohen, il padre del 19enne Nimrod Cohen, e Shay Mozes, il nipote del 79enne Gadi Mozes. Presenti anche i membri di un gruppo di protesta guidato da donne che chiede a Israele di non lanciare la sua imminente offensiva a Rafah, avvertendo che ciò metterà in pericolo la vita degli ostaggi.

Proseguono i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza: sei persone sono state uccise da un’offensiva sulla città di Al-Zahraa, a nord del campo di Nuseirat, nel centro dell’enclave. Un morto e vari feriti anche a Khan Younis, nel sud, dov’è stata colpita la zona di Qaa al-Qurain. Secondo il ministero della Sanità controllato da Hamas, almeno 34.596 palestinesi sono stati uccisi e 77.816 feriti dallo scorso 7 ottobre, giorno dell’inizio della nuova escalation: nelle ultime 24 ore le vittime sono 28. Nel frattempo un rapporto del Programma di sviluppo delle Nazioni unite stima che almeno 370mila unità abitative a Gaza sono state danneggiate, di cui 79mila completamente distrutte. Se anche la guerra finisse oggi, ci vorrebbe tempo fino al 2040 per completare la ricostruzione, che costerebbe tra i trenta e i quaranta miliardi di dollari. “La portata della distruzione è enorme e senza precedenti. È una sfida che la comunità internazionale non affrontava dalla Seconda guerra mondiale”, ha detto Abdallah al-Dardari, direttore dell’ufficio regionale per gli Stati arabi dell’agenzia.

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