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A marzo gli interrogatori di Chiara Ferragni e del manager Fabio Maria D’Amato: la Procura traccia il flusso dei soldi incassati dall’influencer

Ora spetta al procuratore aggiunto Eugenio Fusco e al pm Cristian Barilli, assieme al nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza, l’analisi della documentazione

di Simona Griggio

Dovrebbero partire dal prossimo marzo gli interrogatori di Chiara Ferragni, del suo fidato collaboratore Fabio D’Amato, dell’imprenditrice Alessandra Balocco e degli altri indagati. Stiamo parlando dell’inchiesta milanese sui casi del pandoro Pink Christmas, delle uova pasquali Dolci Preziosi, della bambola Trudi ed eventualmente dei biscotti Oreo. La Procura di Cuneo, dopo la risoluzione del conflitto di competenza territoriale in favore del capoluogo lombardo, ha trasmesso a quella di Milano i propri atti sulle presunte truffe attribuite all’influencer. Ora spetta al procuratore aggiunto Eugenio Fusco e al pm Cristian Barilli, assieme al nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza, l’analisi della documentazione.

Un lavoro che richiederà almeno un mese. Perché significa raccogliere altro materiale: contratti, querele di singoli consumatori e tutta la documentazione possibile. E tracciare anche il flusso di denaro incassato per i prodotti venduti e per i cachet versati all’imprenditrice. Dopo di che le Fiamme Gialle elaboreranno una relazione con l’esito dei loro accertamenti e solo dopo la conclusione di questa fase saranno notificati gli inviti a comparire per sentire la versione degli indagati. Fra le carte da analizzate anche quelle su Oreo e Soleterre. Trasmesse oggi, con gli atti sul caso del pandoro Balocco, dai pm di Cuneo ai colleghi di Milano.

Bisognerà far luce. Dalle presunte truffe contestate relative al pandoro, alle uova e alla bambola di stoffa con post, stories e video fuorvianti per i consumatori, pubblicati da Ferragni sulle pagine social ne sarebbe derivato un ‘profitto’ anche nel ‘rafforzamento mediatico dell’immagine della influencer’. L’influencer avrebbe ottenuto un crescente consenso veicolando la propria immagine connessa alla beneficenza. Tutte accuse che Chiara Ferragni ha sempre respinto, dichiarando la sua buona fede in tutto il corso della vicenda e se mai incolpando sé stessa per non aver controllato a dovere alcuni aspetti. Intanto l’imprenditrice digitale, che fa parte del Comitato consultivo di Fashion Trust, iniziativa non profit della Camera della moda, rimane al suo posto. Il presidente della Camera della Moda Carlo Capasa si è espresso così: “Noi non crocifiggiamo le persone prima che lo faccia la giustizia, l’aspetto mediatico non è il faro delle nostre scelte”. E ancora: “Non ci sentiamo di essere giudici prima dei giudici”.

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