Italian Culture Official Investigated in Stolen Art Case“. Ovvero: “Sottosegretario italiano alla Cultura indagato per un caso di opera d’arte rubata”. Il titolo è inequivocabile, la vicenda è ormai arcinota, la testata è la più importante del mondo. Perché a raccontare tutta la storia dell’indagine a carico di Vittorio Sgarbi, accusato di riciclaggio per il quadro di Manetti rubato nel castello di Buriasco, ora è addirittura il New York Times. In un lungo articolo, il quotidiano statunitense – punto di riferimento dei media di tutto il pianeta – ha ripercorso tutte le tappe dell’inchiesta del Fatto Quotidiano e di Report, entrambi citati: si parte dalla denuncia per furto del 2013, quando la tela venne trafugata, per arrivare al 2021, ovvero alla mostra di Lucca in cui l’opera magicamente riappare. Poi si arriva ai giorni nostri, con l’iscrizione del sottosegretario del Governo Meloni nel registro degli indagati e con il sequestro della tela all’interno del deposito di un immobile di Ro Ferrarese di proprietà di Sgarbi. Il New York Times, inoltre, ha provato a raccogliere la versione del critico tramite il suo legale. “L’avvocato di Sgarbi, Giampaolo Cicconi, ha rifiutato di essere intervistato da un giornalista del New York Times – si legge nell’articolo – scrivendo in una email che “in questa fase delicata non intendo rilasciare dichiarazioni”.

A questo punto, il giornale ha inserito nel suo pezzo quanto Sgarbi ha affermato nelle scorse settimane, raccontando che il suo dipinto è stato ritrovato nella soffitta di una villa acquistata dalla madre nel 2000, che le due opere sono diverse, sottolineando che il suo dipinto presenta una piccola torcia in alto a sinistra, mentre il dipinto piemontese (conosciuto solo tramite fotografie) no. “Gli esperti della Procura – si legge sul Nyt – cercheranno di stabilire se la fiaccola del dipinto di Sgarbi sia stata dipinta nel XVII secolo o aggiunta successivamente”. Non solo. Il giornale americano ha ricordato anche che Sgarbi (“conosciuto per il suo carattere irascibile e l’uso di un linguaggio volgare”) recentemente è stato coinvolto in un’altra polemica, perché “pur essendo un membro del Parlamento, è stato pagato per eventi pubblici, tra cui conferenze o presentazioni di libri, portando una delle autorità antitrust italiane a verificare se Sgarbi sia stato coinvolto in attività “incompatibili con l’essere parte del governo”. Si tratta, neanche a dirlo, dell’altra inchiesta del Fatto Quotidiano sul critico d’arte. Non manca, infine, un lungo passaggio dell’articolo dedicato alle reazioni della politica. È stato sottolineato che le opposizioni hanno chiesto la rimozione di Sgarbi dalla carica e, soprattutto, che il governo è rimasto zitto.

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