Il refrain sulla “crescita superiore alla media Ue”, il taglio delle tasse finanziato a suo dire con riduzioni della spesa, la rivendicazione della mappatura delle concessioni balneari “che nessuno aveva fatto”. Nella conferenza stampa di Giorgia Meloni, slittata al 4 gennaio dopo due rinvii, lo spazio per l’economia è stato limitato, con una decina di domande su 42 (nessuna sul lavoro, la povertà, la riforma del Patto, il futuro dell’Ilva). La premier ha spesso risposto con affermazioni non vere. Ecco i quattro punti su cui ha fatto affermazioni sbagliate. Più un’uscita che è un vero e proprio boomerang.

“Crescita stimata sopra la media europea” – Meloni ha ripetuto che “l’Italia per la prima volta dopo diversi anni ha una crescita stimata sopra la media europea”. Una convinzione che fa a pugni con le previsioni di istituzioni internazionali e centri di ricerca italiani. A novembre la Commissione europea ha ridotto le sue stime sul progresso del pil italiano nel 2024 a +0,9% contro una media Ue dell’1,3%. Faranno (un po’) peggio solo la Germania, in ripresa dopo un anno di recessione, la Finlandia e la Svezia. A dicembre anche l’Istat ha rivisto le aspettative: come il Fondo monetario internazionale, ora vede una crescita dello 0,7%. Contro l’1,2% inserito dal governo nella Nota di aggiornamento al Def.

“Taglio delle tasse finanziato con riduzioni di spesa” – “Io non sono per aumentare le tasse, quest’anno le ho diminuite tagliando la spesa pubblica“, ha sostenuto Meloni. La “diminuzione di tasse” vantata dalla premier non è altro che la conferma per il 2024 della decontribuzione di 7 punti per chi ha una retribuzione lorda fino a 25mila euro e di 6 punti per chi ne guadagna tra 25mila e 35mila lordi, affiancata dall’accorpamento delle prime due aliquote Irpef (finanziato anche questo solo per l’anno in corso). Ma è falso che i due interventi siano coperti dalla spending review: insieme valgono quasi 15 miliardi mentre i tagli di spesa previsti dalla manovra si fermano a poco più di 1,4, di cui 824 milioni a carico dei ministeri e il resto di Regioni e Comuni. La principale fonte di copertura è in realtà il maggior deficit (quasi 16 miliardi), seguito da definanziamenti e riprogrammazioni di alcuni capitoli di spesa e strette sulle pensioni.

“Nessuno aveva fatto la mappatura delle coste” – Interpellata sul richiamo del capo dello Stato riguardo alla proroga delle concessioni di ambulanti e balneari, la premier ha ribattuto che “il governo ha fatto la mappatura delle nostre coste per vedere se esiste il principio della scarsità del bene”, perché “curiosamente da quando è entrata in vigore la Bolkestein nessuno lo aveva fatto”. Non è vero: dal 1993 il ministero delle Infrastrutture gestisce il Sistema informativo demanio-Portale del mare, un sito ad hoc che già conteneva quelle informazioni. Peraltro la bozza di mappatura prodotta dal tavolo tecnico istituito dal governo Meloni per attuare la legge sulla concorrenza approvata da Draghi è stata stroncata dalla Commissione Ue nel parere inviato all’Italia il 16 novembre, in cui si contesta l’inclusione nel demanio marittimo di coste non accessibili, porti, aeroporti e zone industriali. Un trucco mirato a contestare che le spiagge siano risorsa scarsa e vadano dunque assegnate con selezioni aperte.

Con il flop della tassa sugli extraprofitti “aumenta il credito” – Per negare il flop della tassa sugli extraprofitti bancari, che nessun istituto ha pagato, Meloni ha detto che la modifica in extremis con cui si è consentito di non versarla a patto di accantonare a riserva un importo pari a 2 volte e mezzo l’imposta dovuta “aumenterà il credito che viene erogato ai cittadini”. Ma nulla impone che l’effetto di questa ricapitalizzazione forzosa sia quello sperato dalla presidente di FdI. Tanto più in un anno che vedrà crescere i crediti deteriorati e in cui difficilmente i mutui immobiliari torneranno ai livelli del 2021 e 2022. Di sicuro, al momento, c’è solo che il gettito per lo Stato sarà pari a zero.

Le commissioni Pos “scaricate sui commercianti” – Subito dopo Meloni ha attaccato i governi precedenti che hanno “favorito le banche” – ha detto – con aiuti e salvataggi ma “anche l’obbligo di pos tra gli obiettivi necessari per poter prendere il Pnrr, con le commissioni scaricate sulle imprese e sui commercianti”. Qui la premier ha fatto un clamoroso scivolone. Da un lato ha richiamato alla memoria la figuraccia fatta a fine 2022, quando è stata costretta a fare retromarcia rispetto al tentativo di fissare una soglia sotto la quale rendere facoltativa l’accettazione di sistemi di pagamento elettronici. Dall’altro ha fatto tornare d’attualità il tema delle commissioni, che dopo quella figuraccia aveva promesso di ridurre trovando un accordo con l’Abi. Ma il tavolo istituito allo scopo si è chiuso senza impegni vincolanti. Ogni banca si sta regolando come meglio crede.

I nuovi Re di Roma

di Il Fatto Quotidiano 6.50€ Acquista
Articolo Successivo

Contrordine dall’Inps: Btp e libretti postali (fino a un valore di 50mila euro) non vanno esclusi dal calcolo dell’Isee

next