La tassa sugli extra profitti delle banche cambia ma, garantiscono i ben informati, il gettito no. Sembra incredibile, eppure il mantra con cui è stata divulgata a mezzo stampa la nuova versione del pasticcio agostano, è questo: si cambia metodo di calcolo, escludendo dal computo i titoli di Stato (per evitare la fuga dai Btp), non ci sarà l’obbligo di pagare, ma si incasseranno sempre 2,5-2,7 miliardi di euro.

Come sarà possibile passando dai fogli di calcolo alla pratica, è tutto da vedere. Anche perché in tema di gettito la tassa sugli extra profitti ha già fatto discutere parecchio. Sulla stampa finanziaria di agosto, per esempio, si è parlato calcoli fatti a caso tanto che, a farli rifare dagli analisti, il gettito in base al metodo di originario di computo dell’imposta sarebbe stato molto più alto di 3 miliardi, più del triplo, come scriveva tra gli altri Milano Finanza. Ma al di là della bontà dei calcoli di partenza, le stime in quanto tali sono potenzialmente fallaci. Soprattutto quando si parla di gettito in relazione a un’imposta che gli interessati potranno anche decidere di non pagare.

È fondamentale però per il governo mantenere alta l’asticella in vista della manovra. Così come sono fondamentali l’armonia in seno alla maggioranza e quella tra Stato e sistema bancario. Soprattutto se lo Stato in questione è stretto tra le casse a secco, le esigenze elettorali e i tassi d’interesse alle stelle. E così dopo settimane di trattativa, è arrivato quello che Il Messaggero ha battezzato “il patto di New York”, l’intesa raggiunta tra Antonio Tajani e Giorgia Meloni durante la missione all’Onu, che è sfociata in un emendamento governativo alla legge istitutiva della tassa.

Secondo le bozze circolate sabato e anticipate da Corriere della Sera e Messaggero, la nuova formulazione modifica il tetto massimo dell’imposta che passa dallo 0,1% del totale dell’attivo allo “0,26% dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio su base individuale”, come si legge nel testo, che attraverso questa specifica esclude appunto i titoli di Stato.

Inoltre, viene data alle banche un’alternativa al versamento dell’imposta, con la possibilità di “destinare, in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al primo gennaio 2024, a riserva non distribuibile a tal fine individuata, un importo pari a due volte e mezza l’imposta”. Questo punto dovrebbe agevolare i piccoli istituti bancari e, in particolare, le Bcc. Oltre a compiacere la Banca Centrale Europea che ha ammonito gli Stati che tassano gli extraprofitti delle banche, puntando il dito contro i conseguenti rischi patrimoniali.

Infine, la norma allarga le maglie dei beneficiari del gettito dalla tassa: al fondo per la riduzione della pressione fiscale per famiglie e imprese, si aggiunge infatti il rifinanziamento del fondo di garanzia presso il Mediocredito Centrale per le piccole e medie imprese.

È decisamente prematuro parlare degli effetti e il sistema bancario è alla finestra in attesa di avere qualcosa di definitivo per potersi fare dei conti affidabili sul futuro. Certo già il numero uno di Unicredit nei giorni scorsi ha dichiarato che l’imposta, pur nella formulazione originaria e non depotenziata, “non avrà effetti sul settore bancario”. Inoltre secondo un calcolo di Unimpresa antecedente l’emendamento dell’esecutivo, le banche italiane incasseranno maggiori interessi per 3,5 miliardi da Bot e Btp, dunque la tassa sugli extraprofitti – sempre nella versione non depotenziate – è una “partita di giro del bilancio pubblico“. In pratica la confederazione stimava che “l’esborso fiscale sugli extra profitti a carico del settore bancario, al massimo di 3,2 miliardi di euro, verrà compensato dai maggiori interessi sulle obbligazioni statali che lo Stato pagherà agli istituti di credito”. Maggiori interessi che però nella nuova formulazione non sono computati.

Mentre per gli oneri rimasti le banche non potranno rivalersi sul consumatore finale, visto che nel nuovo testo viene “fatto divieto alle banche di traslare gli oneri derivanti” dalla tassa sugli extraprofitti “sui costi dei servizi erogati nei confronti di imprese e clienti finali”. E si promettono controlli a campione. Dell’Antitrust.

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