Fallita la moral suasion in corso d’opera, il capo dello Stato Sergio Mattarella promulga il decreto Milleproroghe ma accompagna la firma con una lettera durissima a presidenti delle Camere e consiglio dei ministri. In cui di fatto demolisce il testo. Il succo è che dall’esame del Colle sono emersi “molteplici profili critici“: il più evidente è quello dell’ennesima proroga delle concessioni demaniali turistiche che presenta “profili di incompatibilità con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive“. Ma è solo uno dei problemi: “Anche oggi ho il dovere di porre in evidenza”, scrive Mattarella, “come varie nuove disposizioni introdotte in sede parlamentare non corrispondano ai principi e alle norme costituzionali in materia”. Ci sono infatti “norme che non recano proroghe di termini in senso stretto ma provvedono a introdurre o a modificare la disciplina sostanziale a regime in diverse materie, ovvero risultano funzionali a disporre un mero finanziamento ovvero un rifinanziamento di misure già scadute. Numerose risultano, in particolare, le norme prive di riferimenti di carattere temporale in materia di personale e di organizzazione della pubblica amministrazione, o, ancora, di carattere ordinamentale o anche con oneri per le finanze pubbliche”. Tanto da “giustificare l’esercizio della facoltà attribuitami dall’articolo 74 della Costituzione“, cioè il rinvio alle Camere per una nuova deliberazione.

Il Colle ha deciso di astenersi da quella decisione dirompente solo perché “farebbe, inevitabilmente, venir meno, con effetti retroattivi, in molti casi in maniera irreversibile, tutte le numerose altre disposizioni che il decreto-legge contiene, determinando incertezza e disorientamento nelle pubbliche amministrazioni e nei destinatari delle norme”. E perché ha voluto tenere in considerazione “l’iniziativa assunta dal Governo rivolta a ricondurre la decretazione d’urgenza entro i limiti costituzionali e a favorire una valutazione più rigorosa degli emendamenti“. Promulga, quindi, ma rispetto al maldestro regalo ai balneari avverte che “è evidente che i profili di incompatibilità con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive accrescono l’incertezza del quadro normativo e rendono indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento. Sarà infatti necessario assicurare l’applicazione delle regole della concorrenza e la tutela dei diritti di tutti gli imprenditori coinvolti, in conformità con il diritto dell’Unione, nonché garantire la certezza del diritto e l’uniforme applicazione della legge nei confronti dei soggetti pubblici e privati che operano in tale ambito”.

Non basta: in coda alla missiva si rileva pure che “l’articolo 1-bis, commi 1-6“, che riguardano il “potenziamento del ruolo direttivo e del ruolo degli ispettori della Polizia di Stato nonché per il potenziamento del ruolo ispettori della Guardia di finanza”, “come si evince dalle quantificazioni della stessa relazione tecnica, reca una copertura finanziaria insufficiente in proiezione temporale che, al fine di assicurare il pieno rispetto dell’art. 81 della Costituzione, dovrà essere integrata con il primo provvedimento legislativo utile”. L’articolo dispone l’integrale scorrimento della graduatoria del concorso interno per 436 vice commissari del ruolo direttivo della Polizia di Stato indetto nel 2019 e della graduatoria del concorso per mille sostituti commissari indetto nel 2020. Si prevede poi l’ampliamento della qualifica di vice ispettore nella misura massima di ulteriori 1.356 unità utilizzando la graduatoria dei candidati idonei nell’ambito del concorso interno per 1.141 posti per vice ispettore.

“Senza ratio unificatrice decreti omnibus del tutto disomogenei” – La disomogeneità di contenuto tende a riguardare tutti i decreti milleproroghe, che, “sebbene attengano ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, devono obbedire alla ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento, o di incidere su situazioni esistenti – pur attinenti ad oggetti e materie diversi – che richiedono interventi regolatori di natura temporale”. Ma “del tutto estranea a tali interventi è la disciplina “a regime” di materie o settori di materie, rispetto alle quali non può valere il medesimo presupposto della necessità temporale e che possono essere quindi oggetto del normale esercizio del potere di iniziativa legislativa, di cui all’art. 71 Cost.. È del tutto evidente come, trattandosi di provvedimenti che, per loro natura, attengono ad “ambiti materiali diversi ed eterogenei”, quando se ne smarrisce la ratio unificatrice, rappresentata dall’esigenza regolatoria di carattere temporale, si trasformano in decreti-legge omnibus del tutto disomogenei, vale a dire in meri contenitori dei più disparati interventi normativi“. Cosa che “palesemente viola il requisito dell’omogeneità di contenuto che la Corte costituzionale ha, in più occasioni, ritenuto oggetto di tutela costituzionale e al rispetto del quale ho ritenuto di richiamare i Governi e il Parlamento della precedente Legislatura, con le lettere dell’11 settembre 2020 e del 23 luglio 2021″.

Mattarella scrive di aver “apprezzato l’iniziativa che il Presidente del Consiglio dei ministri ha di recente assunto, in dialogo con i Presidenti delle Camere, sottolineando l’abuso della decretazione d’urgenza e la circostanza che i decreti-legge siano da tempo divenuti lo strumento di gran lunga prevalente attraverso il quale i Governi esercitano l’iniziativa legislativa”. Ma coglie l’occasione per ricordare “come sia ormai evidente il carattere frammentario, confuso e precario della normativa prodotta attraverso gli emendamenti ai decreti-legge e come questa produca difficoltà interpretative e applicative”.

Sui balneari “contrasto con il Consiglio di Stato e il diritto dell’Unione” – Nel caso specifico del Milleproroghe, “sollevano specifiche e rilevanti perplessità le norme inserite, in sede di conversione parlamentare, in materia di proroghe delle concessioni demaniali e dei rapporti di gestione per finalità turistico-ricreative e sportive. Questa materia è da tempo all’attenzione della Corte di giustizia europea che ha ritenuto incompatibile con il diritto europeo la proroga delle concessioni demaniali marittime disposta per legge, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati”. Il governo Draghi lo scorso agosto “ha prorogato le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive fino al 31 dicembre 2023 e previsto che, con provvedimento motivato dell’autorità competente, quando sussistessero ragioni oggettive che impediscano la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, il termine di scadenza delle concessioni potesse essere differito fino al 31 dicembre 2024″. Ma “le modifiche odierne, apportate a tre articoli del decreto-legge e all’articolo 1 della legge di conversione, modificano in misura rilevante il quadro normativo sopra delineato”, spostando in avanti di un anno quelle scadenze e sancendo che “le concessioni e i rapporti in essere continuano in ogni caso ad avere efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori e fino all’adozione dei decreti legislativi attuativi della delega in materia di affidamento delle concessioni (in scadenza il 27 febbraio prossimo) è fatto comunque divieto agli enti concedenti di procedere all’emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni. Con l’effetto di creare ulteriore incertezza considerato che la delega in questione verrà meno fra tre giorni”.

“Gli enti sono legittimati a disapplicare le proroghe e indire le gare” – Si tratta di disposizioni che “oltre a contrastare con le ricordate definitive sentenze del Consiglio di Stato, sono difformi dal diritto dell’Unione europea, anche in considerazione degli impegni in termini di apertura al mercato assunti dall’Italia nel contesto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza“. Peraltro, “un ulteriore elemento problematico è legato al fatto che, alla luce delle pronunce dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che ha ritenuto “senza effetto perché in contrasto con l’ordinamento dell’unione europea” “qualsiasi ulteriore eventuale proroga che dovesse nel frattempo intervenire”, gli enti concedenti potrebbero ritenersi comunque legittimati a disapplicare le norme in contrasto con il diritto europeo e a indire le gare, mentre i controinteressati potrebbero essere indotti ad impugnare eventuali provvedimenti di proroga delle concessioni, alimentando ulteriormente il contenzioso”. Tanto che ora si rendono “indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento” per “assicurare l’applicazione delle regole della concorrenza e la tutela dei diritti di tutti gli imprenditori coinvolti, in conformità con il diritto dell’Unione, nonché garantire la certezza del diritto e l’uniforme applicazione della legge nei confronti dei soggetti pubblici e privati che operano in tale ambito”.

I precedenti di approvazioni con rilievi – I precedenti casi in cui il capo dello Stato ha promulgato con riserve risalgono al 2017, sul Codice Antimafia, 2018, sul decreto Sicurezza, 2019 sul decreto Sicurezza bis, 2020 sul decreto Semplificazioni e 2021 sul decreto Sostegni bis.

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